lunedì 23 novembre 2015

CANNELLONI DI POLENTA E TALEGGIO SU BRüSCITT D'ASINO/CAVALLO



I Brüscitt, ovvero briciole in dialetto bustocco, cioè di Busto Arsizio, in provincia di Varese, sono un piatto tipicamente invernale diffuso fra l'Alto Milanese, il  Verbano e la Val d'Ossola, sconfinando quindi in Piemonte, a Novara e Vercelli.
Un piatto, cui viene accreditata una non accertata origine zingaresca e  che rappresenta un classico esempio di cucina povera basata  sul recupero di ogni parte possibile dell'animale macellato, in questo caso, le briciole derivate dalla totale spolpatura delle ossa degli animali e di tutti gli scarti dei ricchi; principalmente di manzo ma anche d' asino o cavallo; animali che avevano servito l'uomo nel lavoro dei campi e che proprio quando non ne potevano più e avevano le membra ormai sfibrate e inservibili erano destinati al  consumo, previa lunga cottura per ammorbidire le carni.
Fedeli compagni dei  brüscitt sono polenta o puré di patate e naturalmente vini rossi corposi come bonarda e barbera.

Quando ho appreso il tema della sfida MTC di questo mese, ovvero i raieu co u-tuccu, un classico della tradizione culinaria genovese,  proposto da Monica e Luca, del blog Fotocibiamo vincitori del mese scorso con un'esemplare e inimmaginabile Matrioska, non ho avuto dubbi che stavolta il pesce non ce l'avrei infilato nei ravioli ma mi sarei dedicata alla carne e dopo aver passato in rassegna le tradizioni famigliari dei piatti  che prevedano lunghe e lente cotture, come richiesto dai parametri della sfida, mi sono ricordata dei brüscitt, anche se non era proprio il mio piatto preferito.  
Ma l'idea mi piaceva e non l' ho più cambiata.
Dopo aver fatto approfondite ricerche e capito com'è la ricetta originale, ho scoperto che la mia mamma imbrogliava, o forse solo non conosceva la ricetta originale, usava la carne trita (di manzo)  mentre le briciole vanno tagliate tutte in punta di coltello e nella sua versione mancava un ingrediente che fa nettamente la differenza: i semi di finocchio!!
Per completare l'amarcord, pochi anni fa, durante una visita ai miei genitori, eravamo andati a fare un giretto a Novara e a pranzo avevo mangiato i brüscitt d'asino di cui mi ero innamorata!
Ovviamente avrei voluto farli proprio con la carne d'asino ma qui in Toscana neanche a parlarne. Ho scomodato persino CorradoT, hai visto mai che al Mercato Centrale di Firenze me la trova? Mi telefona in diretta dal mercato, aveva trovato un macellaio che me l' avrebbe procurata ma poi mi toccava andare fino a Firenze a prenderla.  Mi ci ero dedicata già tardi, tra un impegno e l'altro non avrei trovato un incastro.
Mi informo qui in zona, il cavallo sì, l'asino nisba.
Il fidanzato della figlia di un'amica di una mia amica, che lavora su al nord, zona Varese, poteva procurarmelo e portarmelo un weekend che sarebbe venuto giù dalla fidanzata ma non mi sembrava il caso e poi si faceva troppo tardi per i tempi della sfida.
Non potendo anticipare la visita ai miei genitori così me la sarei andata a prendere da sola lassù al nord, ho rinunciato all'asino e optato per il cavallo che è molto simile.
Sono entrambi carni magre, dal gusto aromatico e dolciastro per la presenza di glicogeno, morbide, digeribili e ricche di ferro.
Gli animali destinati al macello oggi sono allevati, hanno carni più morbide, non richiedono più cotture prolungate come in passato. I tagli sono gli stessi per i bovini, quindi per i brüscitt sono adatti tagli come il cappello del prete, collo, spalla e scalfo.

Non essendo un piatto da festa, bisognava  nobilitarli: i brüscitt potevano rappresentare il ragù di ravioli, tortelli o altre paste ripiene. A tale proposito ricordo che a casa mia, il primo piatto della festa, in particolar modo la festa di tutte le feste, il Santo Natale, era per lo più rappresentato dai ravioli alla panna, in virtù delle origini emiliane di mia mamma. Per un periodo venne di moda un rotolo di pasta fresca e spinaci, rigorosamente condito sempre alla panna. Altra variante erano i cannelloni, questa volta con la besciamella. Come mi piacevano i cannelloni, sia di carne che ripieni di ricotta e spinaci, li adoravo, forse perché comparivano così raramente sulla nostra tavola che erano veramente un piatto da grande occasione!
 
E vai con i cannelloni. Ma non voglio rinunciare alla polenta coi brüscitt, allora penso di inserirla in qualche modo nei cannelloni. Ci sono degli chef che fanno ravioli ripieni di polenta ma non mi entusiasma l'idea. E se usassi la farina di mais nell'impasto? Aggiudicato!
E il ripieno? Un'altra cosa che adoravo e adoro è la polenta pasticciata con i formaggi, tipo la taragna valdostana ma, a casa mia, si pasticciava con i formaggi che capitavano. E io pasticcio la besciamella con il mio formaggio lombardo preferito, il taleggio, e ci farcisco i cannelloni. Ci sono! Programmo, eseguo ed ecco qua la mia proposta per l'MTC n. 52:
 
 
CANNELLONI DI POLENTA E TALEGGIO SU BRüSCITT D'ASINO/CAVALLO
 
Ingredienti per 3-4 persone (12 cannelloni ca)

Brüscitt d'asino/cavallo

Ho trovato diverse versioni e sistemi di cottura qui; di seguito la mia personale versione, al posto del burro ho usato l'olio evo, ho aggiunto la cipolla (unica raccomandazione di mamma) e l'alloro (idea mia). Inoltre i semi di finocchio (meglio se selvatico) non li ho messi in una garza da eliminare a fine cottura ma li ho spezzettati e li ho lasciati nei brüscitt perché non mi dispiace affatto se me li ritrovo sotto i denti.

300 g di polpa d'asino o cavallo, taglio del collo, spalla, cappello del prete
50 g di lardo o pancetta dolce
1/2 cipolla dorata medio-grande o 1 piccola
2 cucchiai abbondanti d'olio evo
1 foglia di alloro spezzata
1/2 bicchiere di vino rosso corposo, morbido, non tannico, per me Barbera d'Alba, che poi accompagnerà benissimo il piatto
1 cucchiaino di semi di finocchio
brodo di verdura, sale e pepe bianco di mulinello qb

Tagliate la carne a fette, poi a striscioline e infine a tocchettini grandi come un chicco di mais (forse i miei sono più grandi effettivamente....)
Tritate anche la pancetta e la cipolla, spezzettate  i semi di finocchio.

In una pentola con fondo spesso, l'ottimale sarebbe  la ghisa o la terracotta, mettere la carne,  il trito di cipolla con la pancetta, la foglia di alloro e i semi di finocchio e due cucchiai d'olio evo, coprite con il coperchio e fate andare a fuoco bassissimo per un'ora, un'ora e mezza circa, mescolando di tanto in tanto e controllando che non sia nè troppo liquida né asciughi troppo. Aggiungete il vino, alzate la fiamma per farlo evaporare e poi coprite di nuovo e continuate la cottura per altri 30 minuti ca. Da ultimo rimuovete la foglia di alloro.
La ricetta più integralista non prevede brodo ma solo burro (sì burro!!), altre prevedono aggiunte di brodo o vino nel caso si asciughi troppo, cosa che io ho fatto.


Cannelloni di polenta e taleggio

100 g di farina 00
60 g di farina di mais macinata a pietra
1 uovo intero + 1 tuorlo

400 ml latte parzialmente scremato
150-180 g di taleggio maturo (dal gusto intenso e forte, cioè che olezza di stalla), al netto della crosta
2 cucchiai colmi di farina 00
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
sale e pepe bianco di mulinello qb
un pizzico noce moscata grattugiata qb
burro qb

Unite le due farine, ponetele sulla spianatoia formando un mucchietto, lavoratele con le uova, formate una palla e fate riposare mezz'ora coperta da pellicola, fuori dal frigorifero.
Nel frattempo preparate la besciamella (leggera, senza burro, c'è già un bel carico di formaggio grasso) incorporando a freddo il latte nella farina, poi ponete sul fuoco e fate addensare a fiamma bassa mescolando ripetutamente. Fate sciogliere infine nella besciamella il taleggio tagliato a tocchetti. Completate con il parmigiano grattugiato, regolate di sale, pepe e noce moscata.
Tirate la pasta al mais con la macchinetta, lasciandola piuttosto spessa, deve risultare un po' rustica e ricordare la polenta. La mia macchinetta manuale arriva alla posizione 7, io mi sono fermata a 5.
Tagliate dei rettangoli di ca 8-9 x 11-12 di lato (cioè come mi sono venuti....), ne verranno ca 12. Mettete da parte i ritagli, ovvero i maltagliati, per il giorno successivo, ponendoli in frigorifero coperti da pellicola.

Lessate i rettangoli di pasta in abbondante acqua salata per 5-6 minuti, scolateli, metteteli ad asciugare su carta assorbente o un canovaccio pulito. Farciteli con la besciamella ormai fredda, così si sarà rappresa e sarà più facile farcire e richiudere i cannelloni.


Posizionateli in una teglia imburrata, spennellateli semplicemente con un po' d'acqua, cospargete con fiocchietti di burro, coprite con pellicola se li passate nel microonde o alluminio se in forno tradizionale e fateli solo riscaldare in modo che il burro si sciolga, devono rimanere morbidi non devono diventare croccanti in forno, sono già sufficientemente rustici e ruvidi!



Scaldate anche i brüscitt, mettetene una generosa cucchiaiata in una fondina, posizionatevi sopra due o tre cannelloni per commensale e gustateli ben caldi, accompagnati dallo stesso vino utilizzato in cottura ,vedi sopra.










 
 
 





 

venerdì 6 novembre 2015

APPETITI ESTREMI

 
Appetiti Estremi, di Stefania Pianigiani e Sabrina Somigli, Ara Edizioni
 
Il titolo è accattivante, evocativo, indovinatissimo. Come il buon giorno si vede dal mattino, come  un buon pasto comincia con un aperitivo, o un amplesso è preceduto dai giusti preliminari, così il titolo di un libro è un apri pista fondamentale, è quello che ti invoglia a prenderlo in mano, che ti stimola  a sfogliarlo, che ti convince a leggerlo.
 
E questo titolo mi ha attratto sin dalla prima volta che l'ho visto apparire sui social, senza sapere bene di cosa si trattasse ma lo intuivo. Conosco, anche se da poco tempo,  le autrici, Sabrina e Stefania, due simpatiche amiche toscane, dotate di verve ed ironia,  accomunate dalla stessa viscerale  passione per l'enogastronomia, che hanno condiviso esperienze, situazioni ed amicizie con svariate storie ed aneddoti da raccontare, inerenti alla loro comune passione, che hanno fornito ottimo materiale da cui  trarre  un libro.
 
 
Sabrina Somigli, microbiologa, sommelier e cuoca  presso il ristorante di famiglia Il Maccherone a Pontassieve; di poche parole ma di penna fine, esprime le sue passioni e racconta episodi di vita vissuta, soprattutto nel suo ristorante dove tutto fa Broadway, sulle pagine del suo blog Ecce Kitchen
 
Stefania Pianigiani, una giardiniera-sommelier prestata all'enogastronomia, come lei stessa si definisce; più esuberante ed estroversa dell'amica, è dotata di un sorriso contagioso. Promuove eventi e manifestazioni sul suo sito La Finestra di Stefania e scrive per Agrodolce
 
Sono entrambe due acciughine ed è quasi impossibile credere che siano dotate di Appetiti Estremi in fatto di cibo e vino. Ma i loro  Appetiti Estremi si estendono all'intera sfera dei sensi e  alla vita stessa.
 
Con un' ironia tutta toscana, che sfocia in un umorismo a tratti esilarante  e con uno stile lieve, anche nei racconti più ridanciani, le autrici  tratteggiano personaggi e situazioni  tra l'aristocratico e il  verace, quest'ultimo con un linguaggio consono, senza eccessi da stereotipi cabarettistici. Le scene e le azioni  si dipanano fra meravigliosi paesaggi e ameni luoghi  meno noti ma passano anche per  vere icone medievali e rinascimentali della loro amata terra Toscana, in una continua celebrazione artistico-godereccia, gioiosa ed appassionata.
 
Il libro, che  si è meritato la bella prefazione del critico e giornalista enogastronomico Aldo Fiordelli, è suddiviso in capitoli secondo i pasti della giornata e alla fine di ogni capitolo, non potevano mancare delle ricette di piatti che al meglio rappresentano gli Appetiti Estremi, inerenti ai temi toccati dai racconti contenuti in ogni capitolo con i contributi eccellenti   di chef quali Marco Stabile e Paolo Gori nonché il maestro pizzaiolo Giovanni Santarpia.
Arricchiscono la pubblicazione, inoltre, i deliziosi disegni di Rakele Tondini.
 
Sicuramente c'è più gusto a leggere un libro di cui si conosce l'autore e, per me  è stato ancora più  divertente  riconoscere alcuni personaggi descritti, seppur  rivisti e truccati ma il cui riferimento è volutamente e spiritosamente chiaro come  nello spassosissimo  "Castello di Gargonza" o nell'altrettanto divertente  "Ama". 
"Montefollonico" è malizioso e scoppiettante; delizioso, al limite del romantico "Brolio"; curioso ed inaspettato "Il deserto di Accona".
 
Un libro che non tradisce le aspettative, letteralmente da gustare, centellinando ogni pagina,  ogni riga, ogni parola, se si è raffinati gourmet o  divorandolo in un sol boccone se si è dotati di Appetiti Estremi!
 
 
Stefania, Rakele e Sabrina ad una presentazione alla Stazione Leopolda dove hanno preparato la trippa all'arancia e zafferano, una ricetta contenuta nel libro di una versione raffinata di trippa, che ho avuto il piacere di assaggiare proprio a casa di Sabrina.
 

 
 
 
 


sabato 31 ottobre 2015

INTERVISTA AD ALESSANDRO BIANCO PER DOLCEMENTE PISA 14-15 NOVEMBRE


 
Il pasticcere Alessandro Bianco sarà fra i protagonisti della manifestazione  DOLCEMENTE che si terrà alla Stazione Leopolda di Pisa nei giorni 14 e 15 novembre.  L'Associazione Italiana Food Blogger  ha collaborato con l'organizzazione della bella manifestazione dedicata alla produzione dolciaria tradizionale italiana, giunta quest'anno alla sua decima edizione e celebrata con un tema ad hoc, cioè IN VINO VERITAS!  In sintonia con il tema e insieme alla celebre pastry chef internazionale Loretta Fanella,  fiore all'occhiello della manifestazione, è stato ideato un contest per i soci Aifb, denominato  DOLCI DIVINI, dove  vini, liquori o distillati sono protagonisti di dolci creazioni.

 
Ho avuto il piacere di conoscere personalmente  Alessandro  poco prima di una  recente manifestazione che ha visto sfilare cinque comuni della Costa degli Etruschi ai Chiostri dell’Umanitaria a Milano per un evento FUORI EXPO, fra cui Cecina, dove Alessandro risiede ed opera nel suo bar pasticceria La Dolce Vita 
 
Conoscevo e frequentavo da tempo la sua rinomata pasticceria ma non avevo mai avuto occasione di incontrare l’artefice delle molteplici delizie tentatrici che inondano le vetrine e il banco del bar.
L’occasione mi è stata fornita proprio dalla necessità di concordare la presentazione del cooking show di Alessandro alla manifestazione milanese.


 
E’ stato feeling a prima vista! Del resto, fra entusiasti ci si riconosce subito.  E Alessandro, in quanto ad entusiasmo mi fa concorrenza.  Giovane, appassionato, competente, brillante, comunicativo e coinvolgente,  i suoi occhi brillano di felicità mentre ti spiega la cura con cui segue i suoi amatissimi lievitati o le tecniche  e le regole scientifiche per trovare la giusta fusione di olio extravergine d’oliva e cioccolato per la ganache di una sua pralina da dipendenza. 
L’ho tempesto di domande in modo da prepararmi a fondo per il mio ruolo di presentatrice-moderatrice e lui ha risposto  con grande generosità di informazioni e dettagli,  grazie ai  quali si definisce il suo quadro professionale e personale.
Ho riordinato  gli appunti ed ho ottenuto una bella intervista!


Alessandro nel suo laboratorio mentre rinfresca il suo adorato lievito madre, avuto dal suo maestro Morandin, che a sua volta l'aveva ricevuto dal primo panettiere Motta, agli inizi del '900!! Un lievito unico che ha, oltre ad una storia, un valore aggiunto, è stato analizzato dall'Università di Pavia che ha rilevato dei batteri che non esistono più in natura!
 
Alessandro, sei cresciuto in mezzo a farine, lieviti, creme e cioccolati ma quando hai deciso veramente di fare il pasticcere?

La nostra pasticceria è a conduzione familiare e quindi è giusto dire che sono cresciuto in laboratorio, ogni estate finita la scuola iniziavo ad impastare. Poi ho proseguito gli studi fino alla laurea e ho iniziato a lavorare nel settore di studio, dopo circa due anni passati tra Italia ed estero ho sentito la necessità di tornare alla mia bellissima costa e alla pasticceria, quindi adesso sono cinque anni che vivo in simbiosi con il mio laboratorio di pasticceria. 

Quali sono stati i tuoi maestri  e come hanno influito sul tuo operare?

In pasticceria si impara sempre, dai maestri e dagli allievi, però devo sicuramente ringraziare alcuni professionisti che mi hanno trasmesso la voglia di ricercare sempre prodotti nuovi e migliori. Per i semifreddi e la pasticceria mignon ho lavorato con Serge Billet (inventore dell'aerografia in pasticceria) e Diego Crosara, per la pralineria devo ringraziare Eliseo Tonti e Mickael Azouz; Rolando Morandin mi ha trasmesso l'amore per il lievito e con lui ho preparato i panettoni, le canditure e le brioche da prima colazione, anche se il mio maestro per eccellenza è mio papà che ogni giorno in laboratorio mette a disposizione i suoi quarantacinque anni di esperienza sul lavoro!

Parte della formazione è arrivata anche viaggiando, conoscere le persone giusto mi ha permesso di entrare in quelli che sono considerati i laboratori delle pasticcerie più importanti di Italia ed Europa, il mio primo anno di lavoro l'ho passato quasi tutto viaggiando e lavorando accanto ai migliori pasticceri. Infine l'ultimo tassello della mia formazione arriva proprio dall'università, laureato in scienze e tecnologie delle produzioni animali ho appreso la biochimica che mi ha aiutato a capire come le materie che utilizzo interagiscono chimicamente fra loro, oltre a questo ho potuto analizzare bene la filiera latte e la produzione di cereali. 
 

Nella tua produzione c’è sempre un forte richiamo al territorio con una rilettura in chiave moderna, come lo rivoluzioni?

Sono tornato a casa cinque anni fa proprio per amore della mia terra, sono convinto di vivere in una delle zone più belle d'Italia e devo a questa terra tanto successo ottenuto con il mio lavoro, per questo cerco sempre intorno a me le materie prime, cerco le eccellenze e i produttori artigianali, persone con le quali impostare un lavoro in sinergia per realizzare prodotti unici che rispecchiano la qualità delle lavorazioni e la passione delle persone che li producono. Nessuna rivoluzione, mi diverto solo a re-interpretare in chiave contemporanea alcuni  grandi classici della pasticceria usando i prodotti più vicini a noi, sperimentando e studiando continuamente.


Appunto, studi e sperimenti in continuazione, hai qualche sorpresina in serbo per i tuoi estimatori?

Quest'anno con il panettone vedremo grandi novità in quanto abbiamo candito i pomodori e quindi i nostri clienti assaggeranno il panettone con le verdure candite, abbiamo poi candito le fragole, esperimento riuscito dopo anni di fallimenti, e credo che questo panettone andrà a ruba. La grande novità di quest'anno è la prima produzione di frutta e verdura proveniente dalla nostra azienda agricola, per rifornire il laboratorio di pasticceria con prodotti di qualità e freschissimi abbiamo iniziato un progetto tre anni fa con l'acquisto di alcuni terreni e l'inizio dell'attività agricola, il risultato ottenuto quest'anno è sorprendente e il prossimo anno amplieremo la produzione con altre quaranta  piante da frutto che abbiamo messo a dimora durante  questo mese di ottobre. Inoltre, ogni anno proponiamo due semifreddi nuovi a seconda della stagione, uno per la primavera-estate e uno per autunno-inverno, quest'ultimo è in fase di perfezionamento, siamo alle prove finali e posso anticipare che vedrà l'abbinamento di cioccolato arancia e nocciola.

Il tuo grande amore, oltre che tua moglie e tuo figlio, sono i lievitati vero?

I lievitati sono la mia passione, adoro gestire il lievito madre in acqua e nel sacco, il fatto di lavorare con materia viva, che si alimenta e produce accanto a me, mi riempie di gioia, è un vero alleato nelle produzioni quotidiane anche se la cura del lievito madre richiede tempo, pazienza e dedizione: fare un impasto a lievitazione naturale raddoppia o triplica i tempi di lavorazione rispetto all'utilizzo del lievito di birra, quindi nel periodo di massima produzione dei panettoni vivo in laboratorio, dove spesso passo anche la notte per seguire meglio le fasi della lievitazione, è tutto bellissimo e non sento la fatica per questo lavoro ma il tempo che toglie alla mia famiglia è tanto, ho un bambino piccolo e una moglie speciale, vi assicuro che ci vuole tanta passione per passare le giornate con il lievito anziché con la famiglia.


Sfatiamo qualche mito, riveliamo qualche trucchetto per gli appassionati che sperimentano nelle loro cucine domestiche

La pasticceria è scienza e spesso a casa non si riesce ad ottenere certi risultati per la mancanza di attrezzatura e materie prime che difficilmente si trovano al supermercato, ma spesso le cose appaiano più difficili di quanto possano sembrare. Per fare un buon lavoro, innanzitutto,  è necessario semplificare e schematizzare. Un esempio è nell'utilizzo del cioccolato, si parla spesso di temperaggio, che consiste nello sciogliere la cioccolata ad alte temperature (45°C) e poi raffreddarlo velocemente fino a 30°C per poterlo utilizzare, questa procedura è lunga e complessa, in realtà se si utilizza un buon cioccolato bastano 90 secondi in microonde per avere un cioccolato fuso che non ha superato i 45°C e quindi non necessita di temperaggio, è già pronto e perfetto da usare.

Hai qualche aneddoto curioso o spiritoso da raccontare in merito alla tua attività?

Ce ne sono tanti, da scrivere un libro, questa estate abbiamo consegnato due torte da 200 persone ciascuna per due ragazze che festeggiavano il diciottesimo compleanno al castello di Populonia, sapendo cha la porta del castello è larga 60 centimetri abbiamo  portato le torte completamente smontate e le abbiamo assemblate un pezzo per volta, circa due ore di montaggio....Altra vicenda curiosa,  pochi mesi fa,  un cliente ci ha portato un antichissimo libro di ricette e ci ha chiesto di realizzare una torta medievale:  l'elmo caterina, il progenitore dello zuccotto, nella sua ricetta originale; reperire le materie prime ed adattare la ricetta non è stato semplice ma la torta è venuta buonissima e ci ha regalato grandi emozioni.

Ringraziandoti per  la tua disponibilità, non possiamo  che concludere in dolcezza, cioè con una bella ricetta per i nostri soci Aifb e tutti i nostri lettori.  Cosa ci proponi?

Il mese scorso ho creato un pasticcino mignon ispirato alla tarte tatin, storica e nota torta francese alle mele. Il periodo è perfetto perché le mele sono state raccolte da poco, quindi vi regalo una ricetta della tarte tatin molto particolare  che ho appreso da uno storico panificio artigianale di  Lione quattro anni fa: 

Sfoglia croccante*:

500 g  di burro
500 g  di farina 00
 200 g d’ acqua
 10 g di  sale 

impastare il burro con  150 grammi di farina, formare un panetto e mettere in frigo  a riposare per un’ora,  poi impastare i restanti 350 grammi di farina con sale e acqua, stendere questo impasto e incassare il panetto di farina e burro, ripiegarlo in 4 parti e ripetere l’operazione 4 volte,  intervallando trenta minuti di riposo in frigorifero tra una piega e l'altra.  Infine tirare la sfoglia e cuocere in forno a 200°C fino a colorazione.

*gli ingredienti per la sfoglia sono abbondanti ma è sempre bene prepararne in misura maggiore per prevenire ogni inconveniente o scarto che può essere recuperato per altre preparazioni.


Composto di mele:
1000 g di mele
80 g di zucchero
40 g di burro
succo di limone qb 
gelatina di albicocca qb

pelare le mele, tagliarle a quarti e passarle nel succo di limone, cospargere con lo zucchero e con il burro a piccoli pezzi uno stampo antiaderente per pan di spagna da cm 25, disporre le mele fino all'altezza dello stampo e cuocere a 140°C per due ore; all'uscita dal forno coprire con un disco di pasta sfoglia croccante e lasciar raffreddare, infine sformare la torta, rovesciarla e gelatinare la superficie con gelatina di albicocca.

 
Nella mia versione mignon l’ho rielaborata aggiungendo un caramello alle mele e una crema ma vi lascio un po’ di curiosità, questa  va provata a Dolcemente Pisa o alla Dolce Vita, vi aspetto!
 

domenica 25 ottobre 2015

LA PECORA NERVOSA (E ANCHE UN PO' UBRIACA) MAI DIRE MAI, IL CONTEST DEL CONSORZIO PECORINO TOSCANO DOP


MAI DIRE MAI  è lo stimolante contest indetto dal Consorzio Pecorino Toscano Dop in collaborazione con Aifb, l'Associazione Italiana Food Blogger di cui faccio parte, scaturito in seguito al tour maremmano  dello scorso settembre offerto ad un gruppo di food blogger Aifb per scoprire e comprendere la produzione del Pecorino Toscano Dop.
 
24 food blogger si sfidano a coppie su 12 abbinamenti, alcuni arditi, alcuni, a mio avviso più abbordabili ma mai banali, in modo particolare se bisogna far risaltare il pecorino protagonista e non relegarlo a complemento del piatto.
Gli abbinamenti sono stati estratti e a me è toccato il caffè! Sfida difficile pertanto stimolante!
 
Il pecorino è sicuramente il mio formaggio preferito, soprattutto da quando mi sono trasferita in Toscana dalla natia Lombardia ben ventisei anni fa. In casa nostra non manca mai, sempre in un paio di stagionature, più giovane e più maturo,  talvolta o sotto paglia o vinacce o foglie di noce, raramente aromatizzato. Il pecorino è uno dei protagonisti della mia toscanizzazione come il pane sciocco, per lui ho tradito le mie radici padane dove regnano i formaggi vaccini e come recita un famoso detto: "la bocca l'è no stracca se non che la sa de vacca"!

Il caffè in piatti salati  non è più una sorpresa da diversi anni ormai  ma col pecorino penso di non averlo mai visto né tanto meno assaggiato. Il caffè, con il suo aroma intenso e la sua freschezza esalta e completa molte preparazioni. Dal celebre risotto bianco capperi e caffè delle Calandre dei fratelli Alajmo all'altrettanto noto croccantino di foie gras con gel di caffé di Bottura, molti chef si sono cimentati col caffè in cucina, in panature e salse sia per carni che per pesci, nonché cotture al vapore con chicchi di caffè.
Io stessa l’ho sperimentato e documentato sul mio blog Poverimabelliebuoni in un paio di ricette quali Cefalo al caffè e riduzione di vino rosso o la Brandade d’acciughe, capperi e caffè.
Fra i miei libri di cucina ne ho uno proprio ad hoc: CAFFE' IN CUCINA, del 2007 con prefazione di Ferran Adrià e ricette stupende di molti chef noti.
Ma non c'è la voce che cerco io, cioè  PECORINO E CAFFE', anche se si trovano tanti spunti interessanti  per gli altri ingredienti del challenge che non mi sono toccati!!
 
Volevo onorare il contest con qualcosa di speciale, non mi accontento di infilare il caffè in tagliatelle o pappardelle, né nei ravioli, anche se non si disdegnano affatto, quando sono fatti bene.
Insomma, fino a quando non ho ricevuto i campioni di pecorino, ho brancolato nel buio.
 
 
Appena arrivati, come prima cosa li ho assaggiati, ci ho bevuto un espresso, un pezzetto di quello più giovane l'ho rotolato nella polvere di caffè. Non contenta ho addentato un pezzo più stagionato sgranocchiandoci insieme un chicco. Capisco che si può fare, la morbidezza del gusto del cacio giovane viene contrastata in modo singolare e piacevole dall’amaricante freschezza del caffè che sottolinea a sua volta la delicata sapidità e aromaticità di quello più stagionato. Butto giù delle idee ma sono ancora lontana da quella che mi soddisfi. 
 
Poi vedo comparire  le prime proposte di abbinamenti col pecorino da parte dei food blogger in gara. Commentando con Andrea, uno dei partecipanti (che ha presentato una gran proposta con i gamberi) e confidandoci i reciproci dubbi, ci scambiamo idee, dal momento che i nostri ingredienti sono molto lontani fra loro, addirittura lui è pronto con due opzioni e me le mostra. Una di queste l'avrei fatta pure io se avessi avuto un altro ingrediente. E una delle sue due composizioni, quella che poi avrebbe proposto,  mi folgora, è un piatto complesso, ben costruito, che contempla anche più tecniche, consistenze, temperature. Semplicemente bello e tecnico. Mi dà il la per capire che quella è la strada da intraprendere, complessità e tecnica, eleganza ed equilibrio quando stagnavo su soluzioni troppo semplici, ecco perché non ne ero soddisfatta.
 
Riprendo in considerazione il mio libro sul caffè in cucina e rielaboro una preparazione di Antonino Canavacciuolo che mi piace molto: bavarese di burrata con granita di caffè e sciroppo di zafferano. Dalla burrata al pecorino c'è un bel salto  ma io ho in mente un dessert che gioca fra il dolce e il salato, un dolce non dolce, l'idea contemporanea del dessert. Il pecorino è già di per sé un meraviglioso dessert, irrinunciabile fine pasto magari per finire una bottiglia di Brunello.
Al posto della granita preferisco  un crumble al caffè o un biscotto, cioè qualcosa di croccante ma friabile. Scarto lo zafferano per un'eventuale salsa, voglio giocare col caffè in diverse soluzioni e usare entrambi i pecorini e non mischiare troppi sapori protagonisti.  Mumble...mumble...prendo nota sul mio taccuino...ci giro intorno per qualche giorno, anche perché ho del lavoro da sbrigare e non ho ancora tempo per dedicarmi alla preparazione del piatto.
 
Piano piano arrivo alla formula definitiva: deciso per la bavarese e il sablé, era necessario abbinare una salsa  e poi completare  con piccole guarnizioni che armonizzassero con i gusti primari: per la salsa opto per il ponce livornese, un robusto caffè espresso "corretto" con rhum e mastice (liquore all'anice) servito con la "vela" cioè una scorzetta di limone, che trasformo in limone candito;  il miele, che va a nozze con il pecorino, lo uso per glassare i chicchi del caffè hawaiano, delicatamente affumicato,  che clienti americani mi hanno appena regalato;  anche le noci stanno bene col pecorino, ci faccio un croccante, infine quello più stagionato lo congelo e lo grattugio ed ecco la neve! Ci sono, mi ritaglio una mattinata libera e mi dedico al mio o alla mia bavarese (si dovrebbe dire al maschile "il" bavarese ma è più diffuso al femminile anche se non è corretto).
 
Ho deciso di chiamare il mio dolce non dolce: LA PECORA NERVOSA ( E ANCHE UN PO' UBRIACA) in onore dello spiritoso commento di  Sara quando le avevo esternato le mie idee su pecorino e caffè; in seguito ho aggiunto la nota alcolica e il resto del titolo è venuto da sè:
 
LA PECORA NERVOSA (E ANCHE UN PO' UBRIACA)
 
 
Bavarese al pecorino giovane su sablé al caffè, salsa al ponce livornese, limone candito, chicchi di caffè glassati al miele d'acacia, croccante di noci e neve di pecorino stagionato
 
 
Ingredienti per 6 pezzi - stampini a parallelepipedo cm 2,5x2,5x7
 
Bavarese
120 g di pecorino dop toscano giovane (privato della crosta)
2 g di colla di pesce
60 g di panna fresca liquida
80 g di panna montata
 
Sablé al caffè qualità arabica brasiliana
100 g di farina 00
50 g di burro
15 g di tuorlo d'uovo
30 g di zucchero di canna chiaro
2 cucchiai rasi di caffè macinato qualità arabica brasiliana (varietà dal gusto molto fresco)
un pizzichino di sale fino
 
Croccante alle noci di Sorrento
30 g di noci di Sorrento
60 g di zucchero di canna chiaro
5 g di burro
1 cucchiaio d'acqua
un pizzico di sale fino
 
Salsa al ponce livornese
100 ml di caffè espresso miscela forte
2 cucchiaini di zucchero di canna
50 ml di rhum scuro e 10 ml di mastice o liquore all'anice
2 scorzette di limone non trattato
0,5 g di polvere di gomma xantano
 
Limone candito
1 limone non trattato
acqua e zucchero di canna qb
 
Chicchi di caffè glassati al miele
una manciata di chicchi di caffè a piacere
 miele di acacia qb
 
Neve di pecorino
1 fetta spessa di pecorino dopo toscano stagionato
 
Come prima cosa prepariamo i canditi. Leviamo la scorza al limone mantenendo una piccola parte del bianco, tagliamo la scorza a dadini di 6-7 mm, sbollentiamoli per tre volte in acqua e ogni volta cambiamo l'acqua. Scoliamo, infine mettiamo i dadini a candire in uno sciroppo di zucchero e acqua 2:1 fino a che lo sciroppo inizia a schiumeggiare, senza caramellare. Togliamo i dadini ad uno ad uno con una pinza e poniamoli su un foglio di alluminio a raffreddare. Si conservano in frigo così rimangono morbidi.
 
Occupiamoci ora della (o del) bavarese. Tritiamo al mixer il pecorino. Portiamo ad ebollizione la panna liquida e, fuori dal fuoco, incorporiamo la colla di pesce, precedentemente ammollata in acqua fredda e strizzata. Aggiungiamo il composto al pecorino tritato e frulliamo tutto insieme. Infine, amalgamiamo delicatamente anche la panna montata e versiamo il composto negli stampini in silicone rettangolari livellando bene la superficie. Poniamoli in frigorifero a rassodare per qualche ora.
 
E vai col sablé! Mescoliamo la farina col caffè in polvere, lo zucchero e un pizzico di sale fino. Lavoriamola sulla spianatoia con la punta delle dita insieme al burro e al tuorlo. Otterremo un composto un po' grezzo. Formiamo una palla, copriamola di pellicola e poniamo in frigorifero per mezz'ora ca. Dopo il riposo in frigorifero, stendiamo la pasta al mattarello e ritagliamo dei rettangoli della stemma misura degli stampini. Cuociamoli in forno pre-riscaldato a 180-200° C per 10-12 minuti max. Se, togliendoli dal forno, non sembrano cotti, seccheranno al contatto con l'aria, non devono cuocere molto, devono rimanere sbriciolosi altrimenti non si chiamerebbero sablé, cioè sabbiosi!
 
Il croccante alle noci. Tritiamo le noci in parte grossolanamente, in parte più finemente. Mettiamole  in una padellina con lo zucchero, il burro, l'acqua e il pizzico di sale. Cuociamo fino a che il composto inizia a caramellare e imbiondire. Stendiamolo  ben caldo, con una spatola,  su un foglio di silpat, in uno strato sottile e lasciamolo raffreddare e rapprendere.
 
La salsa al ponce livornese: mettiamo i due alcolici con lo zucchero in una tazza, scaldiamoli con il cannello a vapore della macchina del caffè, aggiungiamo il caffè espresso (2-3 tazzine ca), completiamo con le scorze di limone e facciamo raffreddare.
Stemperiamo la polvere di xantano con un poco di ponce freddo, da cui avremo tolto le scorze di limone,  e poi piano piano, senza fare grumi, aggiungiamo tutto il resto, mescolando bene. Rapprenderà velocemente. Il vantaggio dello xantano è che addensa da freddo e conferisce alle salse una consistenza cremosa rispetto ad altri addensanti più gelificanti come l'agar agar, che agisce a caldo.
 
Chicchi di caffè glassati: tuffare semplicemente i chicchi di caffè, a piacere, nel miele d'acacia, toglierli con una pinza e decorare il piatto. I miei chicchi sono di caffè hawaiano, dal gusto morbido ma piacevolmente affumicato.
 
Neve di pecorino: poniamo in freezer per qualche ora la fetta di pecorino avvolta in una pellicola e al momento di servire il piatto, passiamolo alla grattugia dai fori grossi per formare la neve.
 
Componiamo il piatto!
Togliamo la bavarese dal frigorifero, sformiamola con cura e posizioniamola su un sablé.  Lasciamola riposare 10 minuti per non consumarla troppo fredda. Mettiamola al centro di un piatto, appoggiamo due pezzetti di croccante direttamente sulla bavarese, contorniamola con dischi di salsa al ponce un poco riscaldata, dadini di limone candito, neve di pecorino e i chicchi glassati. (anche un'ultima spolverata di caffè non ci starebbe affatto male, ora che ci penso.....)
 
Come si mangia? Consiglio di prendere col cucchiaio un pezzo di bavarese insieme al suo biscotto e gustarla intingendola nella salsa al ponce, mangiandoci insieme anche un candito di limone. In seguito,  gustare la neve di pecorino sgranocchiando il chicco di caffè e poi si ricomincia, anche in ordine sparso, secondo il proprio gusto!!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

sabato 17 ottobre 2015

PASTA FAGIOLI & COTICHE CON BOTTARGA DI MUGGINE PER LA BONISSIMA, MODENA

 
La mia seconda proposta per il contest IL PIATTO CORROTTO, indetto dall'organizzazione della manifestazione modenese LA BONISSIMA, un festival del gusto e dei prodotti tipici modenesi che animerà il centro storico della splendida città emiliana durante questo weekend.
 
Le spiegazioni dei parametri del contest nel mio precedente post con la prima proposta ZAMPONE E LENTICCHIE THAI.
Vado dritta alla ricetta che è una personale versione della pasta e fagioli, ispirata ad un piatto di uno chef  di mia conoscenza, Angelo Torcigliani del ristorante Il Merlo di Camaiore, Lu,  un po' scomposta ma con l'aggiunta delle cotiche secondo la tradizione modenese e l'ingrediente corrotto, la bottarga che con la sua sapidità marina contrasta  la voluttuosa dolcezza dell'insieme del piatto.
 
Ingredienti per 2 persone
 
300 g di fagioli borlotti freschi (o 150-180 secchi previo ammollo)
aglio, cipolla, sedano, carota, alloro, erba salvia
2-3 cucchiai di passata di pomodoro
2-3 pezzi di cotenna di maiale
80 g di pasta tipo mischiato gentile di Gragnano
bottarga di muggine 
sale, pepe nero qb
olio extra vergine d'oliva qb 
 
Rosolare in un cucchiaio d'olio evo il trito di odori, unire i fagioli, coprire con brodo di verdure o semplicemente acqua calda, un paio di cucchiai di passata di pomodoro e cuocere fino a che saranno teneri  allungando col brodo di tanto in tanto.
Cuocere anche le cotenne e tagliarle a quadrotti.
Togliere l'alloro e la salvia, una manciata di fagioli interi e due cucchiai di liquido di cottura. Frullare tutto il resto a crema, regolare di sale. Nel frattempo lessare la pasta. Per la versione coreograficamente più curata come nelle foto: scolare la pasta e  condirla con il liquido di cottura dei fagioli.
Mettere in una fondina un mestolo di crema di fagioli, disporre un mucchietto di pasta al centro, alcuni fagioli interi e i quadrotti di cotenna intorno, cospargere con scagliette di bottarga, completare con un giro d'olio evo dal gusto intenso, con buona piccantezza e una macinata di pepe nero. Guarnire con una fogliolina di erba salvia.
 
Per una versione più casereccia, cuocere al dente la pasta, finirne la cottura della crema di fagioli, eventualmente diluita con altro brodo, aggiungere quelli interi e poi completare come sopra.
 
 
 
 
 
 
 

venerdì 16 ottobre 2015

ZAMPONE E LENTICCHIE THAI PER LA BONISSIMA, MODENA

 
Ho appreso solo ieri sera tardi e casualmente del contest indetto per la manifestazione La Bonissima di Modena. Mia mamma è emiliana, di Noceto, qualche piatto emiliano lo conosco ma su quelli tipicamente modenesi mi devo informare,  quindi stamattina presto approfondisco sui miei libri e cerco on line. Non ho molto tempo, la scadenza è domenica 18 ottobre, dovevo preparare il mio piatto oggi perché nel weekend non ci sarò, anzi forse vado proprio a Modena, a godermi La Bonissima, un festival del gusto e dei prodotti tipici modenesi che porta il nome della leggendaria statua della Bonissima.
cit. dal sito della manifestazione : La statua di donna chiamata la “Bonissima“, ora situata all’angolo del Palazzo Comunale con via Castellaro, era collocata nel XII secolo nella piazza del Comune.
La statua, eretta nella seconda metà del Duecento, è piccolina ma tanto famosa da dar luogo al detto “conosciuto come la Buonissima” per indicare una persona di grande notorietà.
Non si sa chi fosse in realtà la donna rappresentata. Alcuni cultori di tradizioni popolari pensano a una nobile dama che in un periodo di carestia aveva sfamato il popolo chiedendo aiuto anche agli altri notabili della città; cessata la carestia avrebbe festeggiato con tutta la popolazione nel suo palazzo, cacciando solo quanti non l’avevano aiutata nell’opera buona.
 
Ho scelto un super classico, cioè lo zampone con le lenticchie. Lo zampone lo lascio al naturale, decido di "corrompere" le lenticchie,  come richiesto dal  tema del concorso,  IL PIATTO CORROTTO, ovvero inserire un elemento insolito che scardina il gusto conosciuto di un piatto tradizionale modenese, proiettandolo su nuove sensazioni e altri livelli di armonia sensoriale.
Mi ispiro alla zuppa di lenticchie rosse thailandese che prevede zenzero, lime e cocco nonché peperoncino. Elimino il cocco, non mi convince con lo zampone però lime, zenzero e peperoncino sì, con la loro piacevole freschezza, pungenza  ed aromaticità sgrassano e profumano il piatto. Per creare un contrasto di colore con il rosa dello zampone, preferisco usare le lenticchie nere beluga e poi aggiungo un ulteriore tocco di freschezza ed aromaticità guarnendo il piatto con foglioline di coriandolo. La nota piccante del peperoncino da dosare secondo il proprio gusto.
Cucinato, fotografato e mangiato a pranzo. Mi ha convinto, lo pubblico!
 
 
Ingredienti per 2 persone
 
200 g di lenticchie Beluga
trito di sedano, carote, cipolla dorata o scalogno
1 foglia di alloro
radice di zenzero fresco qb
1 lime
sale, peperoncino jalapeño in polvere
olio evo
2-3 fette di zampone  cotto spesse 1 cm
coriandolo fresco in foglie
 
 
 
Rosolare il trito di verdure con la foglia d'alloro spezzata e un cucchiaio d'olio evo. Aggiungere le lenticchie, bagnare con brodo di verdure caldo o anche semplicemente acqua calda e portare a cottura lasciandole un po' brodose. Negli ultimi 5 minuti aggiungere zenzero macinato fresco a piacere, una spruzzata di succo di lime (almeno mezzo lime). Regolare infine di sale.
Togliere la cotenna allo zampone, tagliarlo a quadrotti o cubetti, scaldarlo nella zuppa di lenticchie. Servire nei singoli piatti o scodelle,  condire con olio extravergine d'oliva a crudo e  un pizzico di peperoncino in polvere. Guarnire con foglioline di coriandolo fresco.
 
 
 
 
 
 
 
 

giovedì 15 ottobre 2015

FARAONA RIPIENA AL VIN SANTO PER L'MTC N. 51

 
Perché una si dovrebbe prendere la briga di disossare una faraona??? Ma per l'MTCHALLENGE, che altro?
Inutile dire che è stata la mia prima esperienza di disossamento di un qualsiasi animale commestibile. Sono più avvezza a sfilettare i pesci. Ma quante prime volte per l'Mtc? Pensavo di aver affrontato una sfida ardua con la pasta sfoglia per i croissants dello scorso mese, invece questa è stata ancora più impegnativa ma altrettanto soddisfacente a risultato finito seppur non impeccabile.
Grazie a Patty dunque di Andante con gusto, che ha lanciato la sfida sul pollo ripieno, oggetto dell'Mtchallenge n. 51. Ammessi anche altri volatili, conigli e lepri, adatti al disossamento e conseguente farcitura.

  
Ho dunque il piacere di partecipare all'Mtchallenge n. 51 con la mia Cleopatra, ovvero:
 
FARAONA RIPIENA AL VIN SANTO
con patate e carciofi arrosto e gravy al vin santo
 
 
Premessa: perché la faraona? Non che disdegni il pollastro, però volevo onorare la sfida e la sfidante  con qualcosa di sontuoso e la prima idea è stata di andare a scovare qualche ricetta rinascimentale con un pennuto nobile come un fagiano, una pernice o addirittura un germano (passi per il fagiano ma gli altri due dove li trovo???) dal  ripieno opulento e speziato e dalla presentazione sfarzosa com'era la cucina di quell'epoca storica in cui la Toscana poteva ostentare un primato fra le corti d'Europa con ben due regine di Francia provenienti dalla celebre dinastia de' Medici che sdoganarono oltr'alpe  piatti rimasti nella storia e di cui i cugini francesi si sono accaparrati la paternità (ma noi conosciamo le reali origini, tié!). Per non parlare delle scenografie dei banchetti rinascimentali per cui, sempre in Francia, veniva chiamato nientepopodimeno che il "nostro" Leonardo Da Vinci, noto gourmet ante litteram,  il quale progettava architetture ardite con giochi, musici e fuochi d'artificio.
 
Niente di tutto ciò. Dalle stelle alle stalle....beh non proprio dai..diciamo dalla reggia alla dimora domestica. Dall'opulenza rinascimentale all'arrosto casalingo della domenica. Quello della mamma che incominciava ad invadere la casa dalle prime ore del mattino e che quando si tornava dalla messa era pronto in tavola per la gioia di tutta la famiglia. Ma sì, alla Patty piace anche l'amarcord famigliare, un po' ruspante e più personale è meglio è.
 
Penso al cavallo di battaglia di mia mamma Carla, lo spinacino (o tasca) ripieno, quello era uno degli arrosti classici domenicali, servito rigorosamente con patate e carciofi arrosto  d'inverno e con insalata di fagiolini verdi  (o cornetti come li chiamano al nord) e patate lesse d'estate.   Lei è di origine emiliana, lo spinacino che faceva e che fa tutt'ora era quello di sua mamma, pure emiliana; la ricetta è variabile, la zia Valentina sostiene che ci voglia il prosciutto cotto, mia mamma dice di no ma intanto ce lo mette anche lei.
Non nascondo che lo spinacino sarebbe stato il mio  candidato  per un'eventuale sfida Mtc nel caso avessi mai rivinto con Insalata Mista. Quando ho visto il pollo ripieno, ho capito che lo spinacino sarebbe stato troppo facile. Bisogna prendere un pezzo di vitello e intagliare una tasca e farcirla, cucire i bordi e stop. Nessun disossamento, difficoltà minima.
 
Però sfrutto il ripieno dello spinacino e lo infilo in una carne delicata ed elegante come la faraona, annunciata nel nostro gruppo fb con un indizio elementare agli antipodi degli indizi vanpeltiani
 
 
E ora a noi mia bella Cleopatra!! Mi metto il tablet sul piano di lavoro, mi ritaglio una mattinata libera e seguo passo passo le indicazioni dell'impeccabile quanto esilarante post di  Patty
 
Ah, gli ingredienti prima:
 
1 faraona ruspante o d' allevamento a terra
 alimentata con mangimi no ogm da 1100-1200 g
olio evo, alloro, salvia, rosmarino, vin santo, inutile dire toscano
 e di buona qualità senza scomodare un occhio di pernice
 
Ripieno
100 g di prosciutto cotto al netto del grasso, senza polifosfati,
meglio ancora se proveniente da produttori artigiani di fiducia
2 cucchiai colmi di pane raffermo grattugiato
3 cucchiai colmi di parmigiano reggiano 30 mesi
1/4 di spicchio d'aglio rosa
1 uovo bio
2 amaretti di media grandezza o 1 grande
sale, pepe, noce moscata, prezzemolo
latte qb
 
Gravy
brodo di faraona 500 ml
1 bicchiere di vin santo (80-100 ml)
1 cucchiaio di fecola di patate
 
Brodo
carcassa della faraona
1l d'acqua, sedano, carota, cipolla, alloro
 
Contorno
patate a pasta bianca, carciofi morelli toscani
olio evo, alloro, rosmarino, sale, pepe
 
 
Ciolancasbilenca, ovvero: prendo Cleopatra, eviscerata e fiammeggiata col cannello per eliminare residui di piume (depilazione integrale completata anche con le pinzette) e procedo con la lussazione dell'anca.
 
 
Ora tocca alla forcella, via!
 
E ora si balla davvero! Nel frattempo purtroppo montava un bel temporale, ho dovuto accendere la luce e le foto sono gialle, ma non avevo tempo di pensare alla qualità delle foto, ero concentrata nell'operazione chirurgica sulla spina dorsale della malcapitata. (Non sono mancina, non avevo voglia di montare il cavalletto quindi scattavo con la destra mettendo semplicemente in posa la sinistra)
 
 
Prima di affondare il coltello, ho avuto un attimo di panico e molti dubbi. Temevo di aver aperto dalla parte sbagliata, invece riguardo il post, il petto è sul tagliere, devo incidere dalla parte della colonna, sto andando bene, insomma....ma come fa a staccarsi tutta sta roba??? mi chiedo. Niente panico, come faccio col pesce? basta andare dietro alla spina centrale, schiacciando bene il coltello contro la spina, stessa cosa per le costoline della mia faraona e tutto il resto, piano piano arrivo in fondo...piano piano....
 
 
Et voilà la cassa toracica, non chiedetemi perché è separata dallo sterno!
 
 
 Felice, ci sono quasi, poi guardo bene le immagini del post di Patty, c'era qualcosa che non mi convinceva, avevo semplicemente dimenticato le alucce e i femori!!!
 
 
Mi accorgo di avere reciso le ali troppo alla radice, poi mi manca la pelle per richiudere, si strapperà....uffa!! Però ritorna un po' di luce naturale.
 
 
 Vai col ripieno, trito e mixo tutti gli ingredienti, diluisco con un cucchiaio di latte e stendo un generoso strato sulla mia Cleopatra mutilata
 
 Ago e filo, si cuce! Figlia di sarta, che vergogna!!! Il pollice sinistro è infortunato dalla settimana scorsa, colpa del coltello del pane. Dal disossamento sono uscita illesa.
 
Povera Cleopatra, irriconoscibile, monca, cucita un po' di traverso e pure con la toppa sul culetto. Ho reciso totalmente il boccone del prete però per fortuna c'era pelle a sufficienza per fare una bella toppa che non ho immortalato purtroppo perché era proprio buffa!!
 
 
Beh in qualche modo ci sono, caramella, alluminio e poi in frigorifero per tutto il pomeriggio
 


Cottura in casseruola, quella ovale antiaderente per pesce o arrosti. Cospargo la faraona con un po' di sale, la rosolo bene da entrambi i lati in due cucchiai d'olio evo, alloro, salvia e rosmarino, sfumo con un bicchiere di vin santo, faccio andare a fuoco dolce e col coperchio, allungando di tanto in tanto col brodo preparato con la carcassa e gli ossi della faraona. Cuoce in un'ora circa. E' bruttina ma poi rimedio con il contorno
 
Per il gravy: filtro il fondo di cottura e raccolgo il liquido in una tazza. Deglasso il fondo rimasto in padella con il vin santo, faccio evaporare e poi aggiungo il brodo, faccio restringere della metà. A freddo miscelo la fecola di patate con il liquido messo da parte, lo verso in un padellino e poi diluisco con il ristretto di fondo/vin santo/brodo, faccio addensare a fuoco dolce fino a che ottengo una salsa vellutata.
 
Preparo le verdure e le patate col mio personale sistema "finto arrosto" o meglio, arrosto velocizzato. Cioè cuocio al dente le verdure e le patate separatamente nel microonde. Le patate a seconda della loro consistenza e dello spessore, 4-5 ' a potenza massima. I carciofi 3-4'.
Poi le rosolo, facendole saltare insieme in padella antiaderente (che mi permette di usare poco olio) con un filo d'olio evo, alloro e rosmarino. Basteranno 5-6 ' per avere una bella doratura e completare la cottura. Salo all'ultimo.
 
 
Scaldo la faraona nella sua padella con un paio di cucchiai di brodo. Tolgo il filo, taglio qualche fetta e poi compongo il piatto, contornandola con le verdure e nappando le fette con il gravy (e salivando copiosamente pregustando l'assaggio!!!)
 
 
Un bel bicchiere di vino (anche due) non può che completare l'opera! La regola vuole che si usi lo stesso vino per cucinare e poi per accompagnare il piatto però non si può pasteggiare a vin santo. Sulle carni bianche sono indicati i vini bianchi magari un po' corposi ed eleganti. Dipende sempre come le carni o qualsiasi altro piatto viene cucinato. In questo caso abbiamo un ripieno saporito, patate e carciofi arrosto quindi con note tostate, il gravy che conferisce grassezza e succulenza, non ci vedrei male  uno spumante, champagne tanto meglio, brut tradition, cioè con pinot noir, pinot meunier e chardonnay, magari con la base di chardonnay invecchiato in barrique, che normalmente non amo ma per Cleopatra andrebbe bene perché con quel retro gusto di distillato richiama la nota di frutta appassita del vin santo.
Anche un rosso fruttato e dalla vivace acidità come un bel Chianti Classico giovane, meglio se sangiovese 100%,  può andare bene.
Io, infatti, ho stappato un Chianti in mancanza dello champagne e non ho sbagliato!