giovedì 25 ottobre 2018

LA CUCINA DI ARDIT CURRI AL SAN MARTINO 26 DI SAN GIMIGNANO



Su suggerimento dell' amico Claudio Mollo, fotografo e giornalista enogastronomico di lunga e consolidata esperienza, dopo che monitoravo e sbavavo da tempo, on line,  sui piatti di Ardit Curri del Ristorante San Martino 26 di San Gimignano, immortalati magistralmente proprio dal comune amico,  e non trovavo mai l'occasione giusta per andarci, decido finalmente di organizzarmi e di concedermi una bella gitarella nella splendida città delle torri, con consorte al seguito, per gustarmi  l'attraente cucina del giovane e talentuoso chef di origine albanese.

Ed eccoci in una tiepida giornata autunnale a percorrere la tortuosa strada volterrana e scendere giù fino a San Gimignano fra i vigneti multicolor e le iconiche colline della Toscana più classica e nota. Un piacere per la vista e per lo spirito ma pregustiamo anche il piacere per il palato, che ci aspetta a pranzo.

Il ristorante San Martino 26 è ospitato in un palazzo storico in una viuzza del centro di San Gimignano, da cui prende il nome; l'interno presenta i tradizionali soffitti a volta e le pareti a mattoncini ed è arredato in modo elegante, l'accoglienza è calda e l'atmosfera rilassata, il sottofondo musicale di classe.

Al nostro arrivo, Ardit ci viene subito incontro e finalmente ci conosciamo di persona, dopo aver comunicato solo virtualmente. E' giovane ed entusiasta del suo lavoro, i suoi occhi brillano mentre ne parla, trasmette grande energia e vivacità intellettuale. Ci lascia dare un'occhiata all'invitante menu che conta svariate proposte che rendono difficoltosa la scelta ma so già che quello che uno chef ama sentirsi dire è "fai tu", gli diamo dunque carta bianca con delle indicazioni sulle nostre preferenze e lui ci accontenta offrendoci una memorabile carrellata di piatti  ben orchestrata e varia, annaffiata degnamente da altrettanti vini del territorio.
Gradevole, fresca e minerale la Vernaccia 2017 Fattoria di Fugnano, altrettanto piacevole ma più fruttato e pieno, dal bel colore buccia di cipolla,  il rosato bio dell'azienda San Donato che firma anche l'ottimo Chianti dei colli senesi 2015 Fiamma. Sul cinghiale viene "sacrificato" un Nobile di Montepulciano 2014 della Fattoria del Cerro e sul nobile pennuto un superbo Chianti classico riserva 2008 Castello di Lucignano. Si chiude in dolcezza con un bel vin santo Poderi del paradiso 2011.


Tra una portata e l'altra,  lo chef esce dalla  cucina, dove ha due aiuti, uno dei quali il fratello, si intrattiene volentieri con noi, ci chiede il nostro parere sui piatti assaggiati, ci racconta poco alla volta il suo percorso, svelando chiarezza di idee e piglio saldo, misti a piacevole freschezza e stimolante curiosità che ci colpiscono piacevolmente,  e disquisiamo insieme su croci e delizie della ristorazione odierna. Ovviamente non resisto alla tentazione di infilarmi in cucina per ritrarlo anche all'opera e mi stupisco che riesca a gestire  piatti così complessi in una cucina decisamente minuscola ma ben equipaggiata tecnologicamente. Tanto di cappello alla grande organizzazione del lavoro.


Classe 1987, nasce a Tirana, in Albania, da padre insegnante e madre farmacista. A 13 anni inizia a lavorare nella ristorazione e a 16 segue il fratello e si trasferisce in Italia dove si innamora definitivamente della cucina. Frequenta l'alberghiero a Cortona e nelle vacanze estive inizia il suo apprendistato nel ristorante Perucà di San Gimignano, con cui inizierà il suo percorso di crescita come chef, che lo porterà a prendere le redini  del San Martino 26, aperto nel 2014 con la stessa famiglia proprietaria del Perucà, a cui si lega anche affettivamente. Ma non si ferma mai, nei periodi di chiusura,  compie stage presso importanti cucine : al Konnubio di Firenze con la chef Beatrice Segoni,  all'Inkiostro di Parma con lo chef Terry Giacomello, fino ad un'esperienza nell'atelier della mitica Rive Gauche francese del celebre Joel Robouchon, tornando di nuovo a Tirana, dallo chef Bledar Kola del ristorante Mullixiu,  per riscoprire le sue origini culinarie. Nel prossimo futuro, ci anticipa, si arricchirà di conoscenza anche alla corte di René Retzepi del mitico  Noma di Copenhagen!

Ardit materializza tutte queste esperienze in una cucina tecnica e  ragionata, che attinge alle tradizioni territoriali toscane e anche del proprio paese, con l'aggiunta di quel tocco personale che la rende estremamente interessante e di carattere, gustosa e saporita ma garbata,  elegante ed impeccabile con brio!

 Gli "stuzzichini" o entrée che dir si voglia: cubo di zucca tostata, porcini e tartufo, fondo di carne,  un uovo ricreato con spuma di pecorino, tuorlo, crumble di parmigiano  e tartufo e un'inaspettata saporitissima pizzetta con acciughe, pomodori e crema di capperi (mi sa che c'è lo zampino del Mollo, gli avrà suggerito: infilaci un'acciuga da qualche parte!!). E l'inizio è già da ola! Ma la ola continua....

Chiamala zuppa!! una voluttuosa crema di castagne che cela una scaloppa di foie gras, pancetta,  castagne, sedano e briciole di pane in un gioco di armonie, contrasti di gusti e consistenze in equilibrio perfetto!


Quanto mi divertono le mille declinazioni dei fegatini toscani e questa è una da annoverare fra le migliori assaggiate: un friabile e delicato cannolo di pane racchiude una cremosa farcia di fegatini in cui avverto la delicata sfumatura di un vino dolce, accompagnata da una singolare e profumata salsa d'hybiscus, che con la sua piacevole acidità sgrassa perfettamente l'insieme, così come la mela verde e poi arriva ancora il dolce della gelatina di vin santo e infine il croccante e il gusto deciso delle grue di cacao. Uao Uao. Punto. 


Tortelli San Martino 26 - Pappa al pomodoro, lardo di cinta senese, crudo di gamberoni. Piatto emblema del locale e della sintesi culinaria dello chef! Seducente ed avvolgente connubio fra la più verace, saporita e classica Toscana di terra  che recupera il pane fino all'ultima briciola e la modaiola Versilia con le sue sontuose mazzancolle imperiali avvolte nel lardo. Per parafrasare una nota definizione di un nobile vino italiano: pugno di ferro in guanto di velluto!

Lo spaghetto stabilizzato, tra aglio, olio e peperoncino e burro e alici, con scampi crudi. Mi spiega lo chef che gli spaghetti sembrano integrali, invece prendono questa colorazione per la stabilizzazione in forno che li rende croccanti. In seguito, vengono cotti in acqua e infine mantecati in padella con aglio, olio e peperoncino, eccellente burro di Normandia che stempera la penetrante sapidità della colatura di alici di Cetara, a cui si aggiunge la dolce grassezza degli scampi. Al morso sembrano crudi ma in realtà sono al dente all'esterno come all'interno, grazie allo speciale trattamento. Un piatto che va spiegato, capito e poi digerito. Per intenditori. Da grande appassionata di colatura, mi sa che questa gliela rubo!! 

Delicati e commoventi questi fagottini di pasta fresca, ripieni del bollito di lingua e guancia che ad Ardit ricorda i piatti di casa, accompagnati dal brodo dello stesso bollito a cui si aggiunge, tadizionalmente,  anche la testina e qui si aggiunge il guizzo arditiano con una spruzzata di limone che se non ci fosse, ti mancherebbe; il tutto nappato da una spuma di pane che evoca il pane che si inzuppa nel brodo. Sarà anche la solita zuppa in Albania come in Toscana ma che finezza!


Un assaggio di maialino con la sua cotenna croccante perchè il consorte ne è goloso ma io non mi tiro indietro. Cotto a bassa temperatura come si conviene e accompagnato da divertenti salse e annessi e connessi: porro brasato e polvere di porro (che richiama il gusto della liquirizia), pomodorino confit, yogurt greco e balsamico ai fichi secchi, fondo di cottura, salsa di nocciole crude. Applausi!!


Un insolito cinghiale, presentato come un filet mignon, disossato, marinato, ricomposto e cotto in forno come un arrosto,  accompagnato da cipolle brasate, ciuffo di finocchietto selvatico  e un brodo delle stesse cipolle che inumidisce la carne magra ed asciutta del re della maremma, anche in questo caso, trattata magistralmente da Ardit.

Ed ecco infine il nobile pennuto che mi pregustavo dall'inizio. Adoro il piccione e mi diverto, quanto con i fegatini, a scoprire le innumerevoli variazioni sul tema che vanta molte scuole di pensiero e su cui si misurano con zelo  molti chef! Lo stesso Ardit mi confida che è una materia che lui tratta in vari modi, a seconda dell'estro del momento e secondo gli abbinamenti dettati dalla stagionalità. Qui troviamo un petto ingentilito da una marinatura nel latte e spezie, come mi spiega, cotto al sangue e avvolto in un fagottino di verza in accoppiata ad una scaloppa di foie gras. Completa il fagottino una cialda di pelle croccante del petto di piccione, una cremosa e sensuale salsa da dipendenza, composta dal fondo del piccione, nocciole,  foie gras e vin santo, uno spicchio di pannocchia abbrustolita e poi...sorpresa! arriva anche una coscetta ricostruita di piccione e fritta,  quasi un arancino, con la polpa della coscia disossata, ritagli vari e i suoi  fegatini! Intelligentemente non avevo ripulito i piatti precedenti e avevo lasciato un posticino per questa meraviglia che mi sono pappata e goduta interamente. Spettacolare, semplicemente spettacolare! Così come il Chianti classico riserva 2008 Castello di Lucignano che lo accompagnava alla perfezione

Dulcis in fundo, due assaggi di dolci, che confermano la maestria di Ardit anche nella pasticceria:

Strudel di mele. Oh yeah! Chiudete gli occhi, fate una boccata unica raccogliendo il sorbetto di mela, il cremoso alla cannella, la granella croccante di pasta matta e la salsa di uvette e che vi trovate in bocca se non uno strudel? Fantastico! Quando dalla teoria alla pratica non si perde nulla e le aspettative non vengono disattese come spesso succede nelle cosiddette "rivisitazioni". Questa funziona perfettamente!


Impeccabile il semifreddo composto da strati di classiche bontà al cioccolato bianco, gianduia e lampone, adagiati su un friabile biscotto di frolla, ravvivato dal tocco personale dello chef che rinfresca il tutto con perle di lime e foglie di melissa ed erba cedrina. 

E siamo arrivati davvero in fondo!! Pronti quindi per il caffè, non prima di cedere ad un bicchierino di strepitoso vin santo del 2011 Poderi del Paradiso, nomen omen, che sommato a tutti gli altri vini bevuti, mi fa uscire dal locale non propriamente lucida ma tanto felice!! Il consorte invece regge bene, per fortuna, tanto guida lui!

Ci congediamo dopo l'ultima piacevole chiacchierata con lo chef, ringraziandolo per la splendida esperienza e complimentandoci ancora per la sua bravura, e si son fatte le h 16!! Foto di rito insieme e via a smaltire un po' l'alcol e le cibarie,  a passeggio fra gli splendori di San Gimignano che incantano in ogni stagione. Bella la mia Toscana! 

ps: mi scuso per le foto indegne ma ho commesso l'errore di accontentare il consorte che non ama mettersi in vetrina e non ho potuto sfruttare la luce del tavolo accanto alla finestra che era l'unico punto con luce naturale corretta, non amando usare il flash 



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