sabato 27 febbraio 2016

LA MIA ACQUACOTTA D'ERBE SELVATICHE PER IL CALENDARIO DEL CIBO ITALIANO AIFB

 

 
 
 
Contribuisco a questa giornata con la mia acquacotta d'erbe selvatiche.
Quando si parla di acquacotta, si pensa subito alla profonda Maremma, quella dei cavalli selvaggi e dei buoi candidi dalle lunghe corna, dei bufalai autentici e dei butteri incavolati con quell'intruso di Buffalo Bill, che intendeva insegnar loro qualcosa che essi invece ben conoscevano sin dalla nascita!
Non poteva esserci migliore ambasciatrice di Tamara, maremmana Docg! Rimando dunque al suo post introduttivo per un approfondimento sui due piatti  si celebrano oggi per il Calendario del Cibo Italiano Aib di cui sopra.
 
Un celebre dipinto di Giovanni Fattori del 1893 con butteri e mandrie maremmane al pascolo, conservato al Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno 
 
Io abito nell'Alta Maremma, sono importata ma mi sono ben acclimatata e appassionata da subito alla cultura gastronomica della regione che mi ha ospitata.
Parlando dell'Alta Maremma, il granduca Leopoldo II asseriva che era "Maremma" tutto il visibile dal largo della costa toscana, compresi i cosiddetti paesi "marittimi", sia vicini al mare come Rosignano, Castellina, Casale, Castagneto e Campiglia, sia più interni e lontani come Monteverdi, Monterotondo e Massa, tutti nomi seguiti infatti  da "marittimo/a".
"Maremma" era laddove c'erano paludi, acquitrini, visi smunti e branchi di animali bradi tenuti a bada dai butteri, ai quali non era difficile scovare, anche dall'alto della cavalcatura, l'erbetta più acidula, il radicchio meno amarognoli, il piscialletto più saporito. Con quelle erbe e magari una cipolla sottratta alla panzanella e acqua a coprire tutto, veniva imbastito una specie di infuso che non poteva che chiamarsi "acquacotta" dato che, oltre all'acqua c'era ben poco d'altro. Il "qualcos'altro" era legato alla natura del posto, alla presenza di erbette per molti anni snobbate e ora oggetto della moda del foraging, come la cicoria, la valerianella, il raperonzolo, il crescione, la borragine, lo spinacino selvatico, la cicerbita, l'erba vetriola, le ortiche. 
A rimpolpare l'esiguo rancio, panacea di antiche fami, come in molte zuppe toscane,  non poteva e non può mancare il pane posato toscano che assorbe il liquido e la zuppa diventa così densa che la puoi mangiare con la forchetta. Non ultimo i butteri spaccavano dentro alla zuppa bollente, direttamente nel paiolo, tutte le uova che raccattavano anche se di palude e impucinate, che si rapprendevano subito nel recipiente. E la nobilitazione finale: abbondante pecorino grattugiato, se c'era. 
Non posso fare a meno di citare una delle mie fonti principali in materia di cucina della Costa Livornese e dell'Alta Maremma, di cui ho conosciuto personalmente alcuni autori e a cui attingo spesso per le mie ricerche. Parti del testo qui sopra sono infatti tratte da Il Codice della Cucina Livornese, ed. Villa Guerrazzi, Cecina, 2002 di Luciano Bezini e Umberto Creatini con la collaborazione di Aldo Santini, Enrico e Claudio Guagnini, la cui edizione è, purtroppo,  esaurita da tempo.
 
Proprio sul citato Codice della Cucina Livornese,  viene proposta una versione di acquacotta più attuale, con l'aggiunta di pomodoro e oltre alle erbe selvatiche, anche cavolo e bietole che si possono acquistare ovunque, con alcune indicazioni per cuocerla nelle cucine di casa. Viene consigliato infatti di cuocere l'uovo a parte, o rosolato in tegamino all'occhio di bue o in camicia e poi posizionato sulla zuppa piuttosto che romperlo direttamente nel "paiuolo". Ho seguito la versione del libro, personalizzandola un po' utilizzando esclusivamente erbe selvatiche (sia cotte che crude) raccolte da me medesima sui poggi di  Castiglioncello.
 
Ho imparato a riconoscere le erbe frequentando il mercato dove alcune donnine portavano nelle ceste le erbe miste di campo, me le facevo spiegare e con i campioni andavo per campi, le confrontavo e così mi fidavo a raccogliere. Non ultimo, proprio recentemente, ho seguito con un gruppo di amici, uno chef e parte della sua brigata, un mini corso sulle erbe spontanee, tenuto da una botanica, con esperienza di raccolta e raffronto sul campo, nel vero senso della parola. Sì, perché la raccolta di erbe selvatiche è una cosa seria, bisogna fare molta attenzione, bisogna affidarsi a chi le conosce bene; ce ne sono di molto simili fra loro che si confondono facilmente e alcune sono tossiche se non addirittura velenose, quindi GRANDE CAUTELA! Io, quando sono nel dubbio, non mi arrischio. Inoltre bisogna anche stare attenti ai luoghi dove si raccolgono, mi sembra superfluo sottolineare che non si raccolgono ai margini di strade o lungo fossi che possono essere inquinati, né tanto meno vicino a campi coltivati dove possono essere stati fatti trattamenti chimici. L'ideale è la macchia, lontana dal tessuto urbano, coi suoi prati selvaggi e incontaminati (o almeno si spera)
Lungi dall'essere un'esperta, sto sempre studiando ma insomma, ne conosco abbastanza per farci una discreta zuppa e grazie a quest'inverno mite,  nei campi c'è un'abbondanza di specie che solitamente non si trovano in questo periodo.
 
Vari radicchi più o meno amari, per la zuppa ho scelto quello più dolce, il crepis leotodontoides o insalatina di monte, poi borragine, rapini, cicerbite, erba vetriola e plantago lanceolata o piantaggine(dal lieve sapore di fungo). Come finitura a crudo: finocchietto selvatico e un tipo di aglio selvatico molto buono: allium triquetum (foto qui sotto)
 
 
E ora cuociamo tutta 'sta roba!
 
Ingredienti per 3/4 porzioni
 
1000-1200 g di erbe spontanee miste (oppure cavolo nero + bietole)
2 l d'acqua ca
1 cipolla grande (bionda o rossa  secondo il proprio gusto)
1 barattolo di pelati da 400 g
300 g di pane casalingo toscano posato
pecorino toscano dop media stagionatura qb
3-4 uova di categoria A da allevamento a terra o biologico
1 ciuffo di finocchietto selvatico
3-4 aglietti selvatici
olio evo Igp Toscano di carattere e gusto intenso qb
sale o "dado" vegetale casalingo (mix di sale/sedano/carota/cipolla/prezzemolo), pepe nero di mulinello e/o peperoncino jalapeño macinato
 
Lavate le erbe in abbondante acqua, con aggiunta di bicarbonato,  per purificarle da eventuali residui di terra. Tagliuzzatele. In una capiente casseruola, fate rosolare la cipolla affettata finemente in un paio di cucchiai d'olio,  aggiungete prima le erbe, fate insaporire, poi i pelati con tutto il loro succo, allungate con acqua calda, fate andare a pentola coperta e a fuoco dolce per ca 30 minuti aggiungendo di tanto in tanto altra acqua in modo da arrivare a fine cottura con una zuppa ben brodosa. (il brodo sarà poi assorbito dal pane). Regolate di sale o dado casalingo, assaggiando prima di aggiungere.
Tagliate a fette spesse il pane, tostatelo in forno e disponetene 2-3 fette per piatto.
Per le uova, si possono rompere direttamente nella zuppa bollente poco prima di versarla sul pane oppure cuocere a parte, lasciando il tuorlo semi-crudo, e poi disporle sopra alla zuppa. Io ho scelto l'opzione di cuocerle in camicia col trucco (for dummies)!  
 
 
 
Siamo al tocco finale: versate la zuppa ben calda ma non bollente sulle fette di pane, altrimenti il pane si cuoce troppo, posizionate sopra la zuppa un uovo in camicia per commensale, guarnite con l'aglietto tritato fresco e dei ciuffi di finocchietto selvatico, una macinata di pepe e/o peperoncino, una spolverata di pecorino passato alla grattugia con fori grandi e infine un giro d'olio evo a crudo.
 
E buon'acquacotta a tutti!

venerdì 19 febbraio 2016

CHEVRE CARAMEL: BAVARESE AL CAPRINO, PERE, FARRO SOFFIATO E CARAMELLO AL MIELE DI CASTAGNO

 
Ogni sfida Mtc è una sfida con se stessi in  un  crescendo di emozioni e gioie provate nello sperimentare nuove ricette affrontando imprese e difficoltà che sembrano insormontabili o interpretare un tema esprimendosi al meglio per onorare degnamente il gioco più bello del web l'Mtchallenge.
Questo mese il tema dell'MTC n. 54 è  IL MIELE, lanciato in tandem dai due bravissimi vincitori della sfida precedente sulle zuppe e minestre: Eleonora e Michael, blog Burro e Miele . Nel loro splendido post il dr Michael Ilan Meyers, nuovo acquisto Mtc, compagno di avventura di Eleonora, ci erudisce sugli aspetti nutrizionali e salutari di questo prezioso nettare naturale; Eleonora ci offre ben tre esempi di come utilizzare il miele in cucina, sia a crudo che in cottura in piatti salati e dolci.
 
Sono una discreta estimatrice di mieli ma grazie a questa sfida che  offre lo spunto per approfondimenti e materiale interessantissimo grazie alle nozioni degli sfidanti stessi e grazie alle rubriche del sito MTC, ho scoperto di conoscerne ben pochi.
Presa dalla frenesia della conoscenza e dalla febbre emmeticina, ne ho comperati diversi tipi e sono arrivata a 10 ma non sono nulla!
In dispensa tengo regolarmente  quello di castagno, in assoluto il mio preferito (e anche del marito) e quello di acacia. Poi prendo spesso anche quello di tiglio che adoro, con quella nota di noce e quello di fiori d'arancio (che ho usato per la mia proposta  agrodolce) e il passe-partout millefiori.
I nuovi arrivati sono: trifoglio, erica, edera, girasole, coriandolo, eucalipto.
Dopo i vari assaggi, confermo la mia predilezione per quelli aromatici o con una connotazione precisa (e conferma pure il marito)
Detto questo, volevo proporre anche un dolce per l'Mtc n. 54. Brancolavo nel buio totale e intanto vedevo arrivare meraviglie, frutto di grandi virtuosismi a cui non posso aspirare ma non demordo.
Per l'occasione ho acquistato un libro di cui avevo letto su La Cucina Italiana: "Un cucchiaio di MIELE" di Hattie Ellis, edizione italiana Guido Tommasi Editore oltre a THE FLAVOR BIBLE, Karen Page ed Andrew Dornenburg, consigliato dalla nostra signora dell'Mtc Alessandra Gennaro
Consultando entrambi i libri ma soprattutto il primo citato, fra i tanti dolci illustrati, rimango folgorata da una sciocchezzuola, dolce/non dolce come piace a me: popcorn con caramello al miele. Scatta l'amarcord e il neurone: ripenso ad un dessert sconcertante assaggiato ben sei anni fa, agli albori del blog, dall'amico chef  Cristiano Tomei dell'Imbuto di Lucca, ovvero bavarese alla birra, gelatina di gazzosa e popcorn (non caramellati però, in seguito li avrebbe  riproposti anche caramellati in uno dei suoi straordinari dolci non dolci). Mi stuzzicava molto l'idea del popcorn caramellato ma non vedevo un legame soddisfacente tra miele e birra. Ma il bavarese ("il" sì, è maschile, o meglio dovrebbe essere maschile ma poi è in uso anche e soprattutto al femminile; precisazione tratta dal sito Bavarese.it, per la gioia della Van Pelt) ormai mi si era conficcato nella capoccia e anche il popcorn era difficile da far uscire.
Come al solito, arriva il momento in cui o ti si accende la lampadina definitivamente o il neurone si spegne e stop.
Proprio lunedì, dopo una estenuante riunione di lavoro con l'amica chef Deborah Corsi e l'agenzia eventi per l'organizzazione della prossima manifestazione san vincenzina Un Mare di Gusto, in programma fine aprile/primi di maggio, Deborah ci invita a rimanere per "mangiare qualcosa insieme", leggi : pranzo dall'antipasto al dolce, inclusa piccola pasticceria col caffè, il tutto annaffiato da un ottimo spumante naturalmente". La chef era arrabbiata, si è sfogata così e noi ne abbiamo approfittato allegramente onorando la tavola. E che mi prepara la mia dolce amica? Un bavarese alla ricotta. Lampadina! Ci sono.
Decido di sfruttare il più semplice e classico degli abbinamenti: formaggio e miele, a cui, strada facendo,  poi aggiungo anche le pere, inutile spiegare il perché giusto?
Voglio però utilizzare il mio amato miele di castagno, lo so che andrebbe su formaggi tipo pecorino un po' stagionato ma perché no con un caprino che anche se giovane e cremoso, ha un carattere forte e un  gusto netto e intenso. Del resto, io il miele al castagno lo metto anche sulla ricotta perché mi piace il contrasto deciso. Il caramello al miele che ho trovato sul libro è più una salsa mou, il burro stempera un poco il gusto marcato del miele di castagno che ha già note caramellate proprie quindi non deve realmente "caramellare" come lo zucchero. Inoltre rende il miele più consistente e divertente per fare i ghirigori sui dolci :-)
Per quanto riguarda le pere, ho scelto le williams poco mature, che hanno una buona acidità che sostiene quella del caprino. Le ho semi-caramellate con poco miele di trifoglio dal gusto più dolce e neutro, con un'idea di spezie, una spruzzata di limone e qualche scorzetta per profumare.
E i popcorn? Ci ho rinunciato,  li ho sostituiti con del farro soffiato, più toscano, per dare un tocco di lieve croccantezza.
Last but not least, visto che il titolo diventava una "lista della spesa", ho deciso di rinominarlo chèvre caramel!
 
CHEVRE CARAMEL
(bavarese al caprino, pere semi-caramellate, farro soffiato, caramello al miele di castagno)
 
Ingredienti per 4-6 porzioni
(stampi di forma e dimensioni  a piacere e secondo la ghiottoneria)

bavarese
250 ml di panna liquida fresca (220 per il bavarese + 30 per decorare)
150 g di caprino fresco
  40 g di miele di trifoglio (o acacia)
    4 g di colla di pesce in fogli

pere
1 pera tipo Williams non troppo matura (200g)
1 cucchiaio di miele di trifoglio (o acacia)
1 limone non trattato, scorza e succo
2 chiodi di garofano, una puntina di cannella in polvere
acqua qb

caramello al miele
20 g di burro
2 cucchiai di miele di castagno
1 cucchiaino di zucchero di canna chiaro

Farro soffiato qb

Mettete a bagno in acqua fredda i fogli di colla di pesce per 10-15 minuti. Sciogliete il miele di trifoglio in 80 ml di panna a fuoco basso, scolate e strizzate la colla di pesce, unitela alla panna, fate sciogliere. Togliete dal fuoco, lasciate intiepidire prima di unire il caprino, schiacciandolo  con una forchetta, da ultimo frullate brevemente il tutto per amalgamare bene il composto e trasferitelo in una ciotola che avrete messo precedentemente a raffreddare in frigorifero.
Semi-montate la restante panna ben fredda (tranne i 30 g per decorare che monterete completamente a parte) e incorporatela delicatamente al composto. Infine versatelo in stampini di forma e dimensione a piacere. (io ho riempito  uno stampo in silicone da 160 ml e 5 stampini da 70 ml cad; fate le debite proporzioni per calcolare le porzioni in base agli stampi che avete o vice versa)
Ponete il bavarese in frigorifero a rassodare per qualche ora.

Nel frattempo preparate le pere. Sceglietele ben sode e non troppo mature, anzi piuttosto indietro di maturazione, in modo che non si spappolino cuocendosi e anche perché avranno una maggiore acidità che sosterrà il caprino del bavarese.
Pelatele e tagliatele a tocchetti, mettetele in un padellino con qualche cucchiaiata d'acqua, una spruzzatina di limone, i chiodi di garofano, una puntina di cannella in polvere, qualche scorzetta di limone e il miele, fate semi caramellare, cioè appena accenna a schiumare, togliete dal fuoco. Devono insaporirsi, ammorbidirsi ma non cuocere completamente, inoltre devono rimanere un po' bagnate.
Fate raffeddare.

Per il caramello, fate sciogliere in un pentolino a fuoco minimo il burro, aggiungete il miele e lo zucchero, fate sciogliere, alzate un pochino la fiamma, lasciate sobbollire 30 secondi e poi togliete dal fuoco. Appena inizia a rapprendere, trasferite il caramello-mou in una siringa da pasticciere.

Montate ben soda la panna per la decorazione.
Sformate il bavarese direttamente nel centro di un piatto da portata, guarnite con ciuffi di panna montata, alternati alle pere fredde con le scorzette di limone semi-candite, scartando i chiodi di garofano, nappate con il loro sciroppo di cottura. Mettetene un mucchietto al centro del bavarese. Cospargete con farro soffiato, infine siringate un po' di  caramello sopra al dolce facendolo filare.
 
Un impiattamento classico, un po' vintage per  un dolcetto semplice, praticamente for dummies ma che bontà! E che felicità quando quello che hai in mente poi si materializza esattamente come volevi e al gusto non ti delude!! Il caprino si sente bene e tutti gli annessi e connessi si armonizzano in un gioco dolce-agro-aromatico-speziato, voluttuosamente cremoso, con piccole note croccanti a contrasto,  molto divertente e soddisfacente sia per chi lo prepara che per chi lo mangia!!