martedì 31 ottobre 2017

GNUDI DI ZUCCA PER.... UNA ZUCCA DA FIABA



SE UNA MATTINA D’AUTUNNO UNA ZUCCA…
Era ancora molto presto, a malapena si intravedeva il debole chiarore dell’alba, la nebbia non ne voleva sapere di diradarsi,  il freddo  pungeva come una barba di tre giorni e l’umidità entrava nelle ossa senza pietà.

L’uomo avanzava con incedere lento ma sicuro fra i solchi dei campi coltivati,  il suo occhio rapido e allenato passava in rassegna le zolle centimetro per centimetro ,  controllava i  suoi  gioielli autunnali, la sua collezione di zucche che i migliori mercati si contendevano.  Ma la sua fama aveva oltrepassato i confini del mercato e i migliori chef facevano la fila per accaparrarsi personalmente le sue amate.  Incurante della rigida aria  mattutina,  guardandole tutte ai suoi piedi, avvertì un senso  di onnipotenza di cui si vergognò subito ma sorrise tra sé, non riuscendo a nascondere il moto d’orgoglio per il successo ottenuto, che lo ripagava della fatica di tanti anni di lavoro.
C’erano  la Marina di Chioggia, la Lunga di Napoli, la Berretta Piacentina, la Butternut rugosa, la Violina, la Giapponese, la Padana, la Mantovana, quella di Albenga, la Provenzale, la Bottiglia, la Celebration, la  Harlequin, la Red Wart, la Avalon, la Frisco, i Dieci Comandamenti..
Se ne stavano lì tutte placide e serene,  in attesa del loro destino.  Erano bellissime, ciascuna con la propria foggia e i propri colori variopinti che creavano un mosaico di gialli, arancio, mattone e verde.  Le osservava  con sguardo tenero e ammirato  e il suo pensiero prese voce :  “tranquille piccole, vi metterò in buone mani, vi renderanno onore in preparazioni culinarie eccellenti in cui lascerete il segno!” 
Sebbene credesse alla sensibilità dei vegetali, non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare che le sue piccole lo stavano ascoltando con attenzione e trepidazione.  E non poteva certo sentire il brusio che si stava diffondendo fra loro..
“Ragazze, fra poco è giorno e mi sa che qualcuna se ne andrà, è il momento di dirsi addio”
“Ce ne andremo tutte, un po’ alla volta, è solo questione di giorni”
“Eh sì, è inevitabile, a fine ottobre c’è una razzia di zucche che neanche  gli abeti a Natale”
“Io spero di finire in una cucina stellata piuttosto che in una di quelle food blogger tutte cup cakes, tortini e biscottini o peggio ancora a casa di  una casalinga maldestra e pasticciona”“Sentila, la presuntuosa! Andrai dove il caso ha deciso per te!”
“Ragazze, un po’ di contegno” intervenne la grande zucca, la più anziana e saggia di tutto il campo “terrete alto l’onore ovunque, siamo la crème de la crème delle zucche, ricordatevelo! Siamo destinate solo alle migliori cucine, non temete, rilassatevi e aspettate il vostro momento”
Nel frattempo, il sole aveva fatto breccia nella coltre umida e  grigiastra e,  dissolta la nebbia, prendeva il suo posto di sovrano del cielo e mostrava tutto il suo splendore.  Si era fatta infine l’ora di apertura del negozio attiguo al campo di coltivazione. Iniziarono ad arrivare i primi compratori , le  zucche  si erano definitivamente azzittite e si presentavano impettite e orgogliose al meglio della loro maturazione.
Quella mattina, si presentò pure lo chef Ruggero Zucconi del Giardino di Ruggero, un ristorante con ben due stelle Michelin, che si trovava ad una decina di  chilometri di distanza;  era un cliente assiduo ma raramente si presentava di persona.  Doveva avere in mente qualcosa di speciale. Scelse delle lunghe napoletane che, grazie alla loro polpa compatta ma non farinosa,  avrebbe potuto proporre  crude a carpaccio o in insalata, oppure avrebbe preparato  un chutney  per accompagnare il suo bollito o  una crème brulée, magari aromatizzata alla cannella.  Oltre alle napoletane, lo chef prese anche alcune  mantovane, dalla scorza coriacea ma che racchiude al loro interno una polpa saporita e farinosa, perfetta per gnocchi , ripieni di tortelli o puré.
Le napoletane e le mantovane vennero caricate sul  furgoncino del ristorante e durante il breve viaggio ebbero modo di commentare la fortuna che avevano avuto.  Le napoletane erano eccitatissime : “Uè piccirille, niente male per noi scugnizze eh? Si finisce al forno o in pentola ma in uno stellato, yamme va’”
Le mantovane annuirono con un certo snobismo e si stupirono che nella loro cassetta ce ne fosse una un po’  stortignaccola e ammaccata, non rendeva onore alla loro specie!
Arrivati al ristorante, lo chef fece scaricare tutte le zucche tranne quella meno bella: “questa  me la porto a casa, domani è il mio giorno libero, mi divertirò con mia figlia Aurora, voglio insegnarle a fare gli gnocchi”.
Il suo pensiero volò immediatamente al primo giorno in cui la vide,  ben dieci anni prima, all’emozione incontenibile provata prendendola fra le braccia per la prima volta, ma anche allo sgomento  provocato dal medico che sentenziò senza incertezze che  sua figlia, la sua prima, unica figlia, era nata con una malformazione cardiaca e che difficilmente sarebbe sopravissuta a lungo.
Era seguita dai migliori cardiologi ed erano trascorsi ben dieci anni,  non senza preoccupazioni  ma ogni giorno era una scoperta, ogni giorno con lei un regalo dal cielo.  Passava ogni momento libero con lei e aspettava sempre con trepidazione il giorno di chiusura del ristorante, non per riposarsi, ma per stare con la sua Aurora. Era una bambina perspicace e allegra, dotata di un’intelligenza vivace ed era curiosa di tutto, inoltre dimostrava una grande passione per la cucina che lui assecondava con  piacere.
L’indomani dunque, al ritorno di Aurora da scuola, in cucina era tutto pronto per preparare gli gnocchi.  La bambina seguiva con occhio attento ed adorante il suo bravissimo papà che le spiegava ogni singolo passaggio e rispondeva pazientemente a tutte le sue domande:  “ma papà, non è un po’ bruttina questa zucca? “

“ma no” rispose lui “è solo un po’ ammaccata e malformata, si fa solo più fatica a decorticarla, al ristorante ci avrebbe fatto perdere tempo, per questo l’ho portata a casa ma sentirai che è buonissima”
“è..malformata e diversa come me?”
“amore, tu non sei diversa, tu sei speciale, come questa zucca, siete entrambe speciali!”
La piccola zucca ebbe un sussulto.  Le sue sorelle l’avevano guardata dall’alto al basso sin dalla nascita, invece ora quest’uomo diceva che lei era speciale, come la sua bambina.  Capì che non avrebbe potuto desiderare fine più gloriosa!
“Sei pronta?” chiese lo chef a sua figlia.
 “Sì, chef!” rispose lei scherzosamente ma diligentemente.  E anche la piccola zucca era pronta..
 “ Mettiti il grembiulino e per ora guardami, il coltello ancora non te lo do!  Prima la taglio a spicchi e poi inizio a decorticarla, infine la affetto, metto le fette su una placca da forno foderata di carta da forno e la faccio appassire,   diciamo a 180° C  per 15-20 minuti o fino a quando  sarà ben morbida.  Poi passiamo la polpa nel mixer per ottenere una purea cremosa ma compatta.  Cuocendola in forno, la zucca si asciuga bene perché l’umidità non è gradita negli gnocchi. Oggi faremo degli gnocchi un po’ speciali, ho deciso di chiamarli ‘gnudi di zucca, a metà fra il ripieno dei tortelli di zucca mantovani  ma senza mostarda e gli ‘gnudi toscani, cioè il ripieno dei tortelli toscani,  di ricotta e spinaci, che, non avendo  la pasta intorno sono nudi o  ‘gnudi, alla toscana. Tutto chiaro?”
“hahahahaha, ok chef! Che mattacchioni questi toscani, chiamare ‘gnudi degli gnocchi! Hahaha”
E anche la zucca, che ormai era diventata una pappetta,  si divertiva tanto sentendosi così protagonista e in buone mani. 
“Allora, per l’impasto  avremo bisogno di ricotta di mucca, che è più magra di quella di pecora, un po’ di farina, un uovo, parmigiano grattugiato, noce moscata, amaretti, sale e pepe.   Dobbiamo solo decidere come condirli. La morte loro è burro, salvia e parmigiano ma vogliamo mettere qualcosa di più vivace? Cosa propone la mia piccola chef?”
La zucca avrebbe voluto suggerire : “a me non dispiacerebbe un’acciughina salata tanto per dare un po’ di sprint al condimento oppure anche una fonduta con un formaggio tipo gorgonzola  ma forse mi coprirebbe troppo”
“Che ne dici  di un’acciughina salata sciolta nel burro tanto per dare un po’ di sprint al condimento oppure anche una fonduta con il gorgonzola  ma forse  coprirebbe troppo il dolce della zucca?” disse Aurora strizzando  l’occhio alla zucca che rimase di stucco! 
“ma brava! questa piccola zucca è proprio speciale, ti ispira, vedo! Andata per l’acciuga! Procediamo, ora metterai le mani in pasta anche tu.  Mescoliamo in una ciotola  la purea di zucca con la ricotta, l’uovo,  la farina,  il parmigiano, un amaretto ridotto in polvere e  condiamo con una grattugiata di noce moscata, un pizzico di sale e pepe.  Gli gnudi sono dei soffici batuffoli, l’impasto deve essere molto morbido che quasi si fa fatica a maneggiare. Guarda: raccogli un pochino di impasto con un cucchiaio,  e  arrotoli con delicatezza una pallina grande come una noce.  Non bisogna commettere l’errore di infarinarsi continuamente le mani per evitare che l’impasto si appiccichi,  gli gnocchi si indurirebbero continuando ad aggiungere farina, meglio inumidirsi  le mani ripetutamente durante l’operazione.    E’ una questione di sensibilità, capisci?” 
Aurora annuì e iniziò ad arrotolare palline, ad occhi chiusi, concentrata sulle sue sensazioni tattili. Questa operazione la divertì moltissimo. 
“Bene, ora che abbiamo fatto i nostri ‘gnudi, mettiamo l’acqua a bollire per  cuocerli e prepariamo il condimento. Facciamo sciogliere a fuoco dolce un bel pezzo di burro con uno spicchiettino d’aglio schiacciato, che poi togliamo, insieme al burro sciogliamo anche un’acciughina che ho già dissalato sotto acqua corrente, e mettiamo anche qualche fogliolina di salvia. Senti che profumo!”


La bambina era felice, guardava le palline arancio in fila, ordinate come soldatini,   annusava l’aria satura del profumo di burro,acciughe e salvia :  “ Non vedo l’ora di assaggiarli papà! Posso buttarli io nell’acqua che bolle?”

“Certo, un po’ alla volta però, e  fai attenzione a non scottarti! Appena vengono a galla, sono pronti, li raccogliamo con una schiumarola e li mettiamo in una teglia” 
“fammi indovinare, li condiamo con il burro fuso all’acciuga e le foglioline di salvia e li ripassiamo in forno?”
“Esatto, mia piccola gourmet, possiamo infornarli, magari anche con una grattugiata di parmigiano così fanno una bella crosticina, oppure possiamo rosolarli semplicemente in padella per un risultato più morbido”
“Io li preferisco morbidoni però tu mi hai  insegnato che in un piatto ci vuole sia morbidezza che croccantezza, giusto? E se alla fine gli diamo una spolverata di  granella di amaretti? Zucca e amaretti sono un’accoppiata vincente, vero? E sono sicura che  anche la nostra piccola zucca approverebbe”
“Ma che dici, cucciola? Le zucche non hanno mica un’intelligenza propria!”
“Lo dici tu , papi, perché credi solo a quello che vedi, invece le zucche hanno un’anima e un cuore! secondo te perché questa zucca è finita proprio qui, da me? L’hai detto  tu che è speciale come me. Vedi?”
Ruggero ascoltava rapito sua figlia e  mentre portava in tavola la padella dove aveva rosolato gli ‘gnudi,  che emanavano un meraviglioso e invitante profumo, non potè  credere ai suoi occhi quando vide che  improvvisamente iniziarono a schizzare dalla padella  e saltarono nel piatto di Aurora che era già pronta con la forchetta in mano per assaggiarli.
Rimase come inebetito a godersi la scena.  Aurora invece, per niente stupita,  li accolse con sorriso soddisfatto, li osservò  con tenerezza,  li ringraziò ad uno ad uno prima di portarli alla bocca, chiudendo gli occhi mentre li assaporava, quasi in estasi,  e la zucca felice esalò il suo ultimo respiro..

GNUDI DI ZUCCA PER .....UNA ZUCCA DA FIABA
ingredienti per  4 porzioni (24-28 palline ca a seconda delle dimensioni )

450 g di zucca mantovana privata della scorza
150 g di ricotta vaccina
30-40 g di farina 0
1 uovo intero
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
6 piccoli amaretti secchi (2 per l’impasto e uno per ciascun commensale sbriciolato sopra gli ‘gnudi alla fine) 
Sale, pepe, noce moscata
2 acciughe salate
80 g di burro
1 spicchio d’aglio rosa
7-8 foglie di salvia
Per il procedimento, si legga il racconto..

La zucca compare spesso in  fiabe e leggende mitologiche di diverse culture, associata ad aspetti magici e misteriosi, simbolo di fertilità, di nascita o rinascita, legata quindi anche al culto dei morti.  La favola più celebre è senza ombra di dubbio quella di Cenerentola dove la zucca si trasforma magicamente in una carrozza ma la più insolita e sicuramente meno conosciuta, che ho scoperto facendo ricerche sulle fiabe con la zucca,  è probabilmente quella partorita dal genio di Leonardo da Vinci: Il salice, la gazza e i semi della zucca

Il mio racconto è un modesto contributo alla Giornata Nazionale della Zucca del Calendario del Cibo Italiano  con buona pace di Italo Calvino che ho disturbato solo per il titolo. La storia è frutto invece della mia fantasia ispirata e condotta dal magico potere delle zucche con un epilogo che è venuto da sé ed ha sorpreso pure la sottoscritta!!






     

mercoledì 25 ottobre 2017

MOUSSE DI CACHI ALL'EROTICO CON POLVERE DI LIQUIRIZIA E CROCCANTE DOLCE SALATO DI FARRO SOFFIATO


Senza tanta suspence, subito svelato l'arcano con questa foto in cui si capisce  qual è l'ingrediente "erotico"del titolo: il peperoncino!  

Ma si fa presto a dire "peperoncino".... Anche se è cosa nota che ne esistono  tantissime varietà e diversi livelli di piccantezza, mi chiedo perché mai in molte ricette sia sui libri di cucina che  sul web, non si specifichi la tipologia di peperoncino necessaria ad esaltare il piatto con la stessa precisione con cui si elencano altri ingredienti e spezie. Stessa cosa succede per l'olio extra vergine d'oliva! 
Il peperoncino non è solo piccante, ha profumo e gusto, o meglio profumi e gusti e in virtù di queste varietà organolettiche si deve scegliere per sottolineare, esaltare, completare il nostro piatto.


Ci viene in aiuto in questo studio, la Lady italiana del peperoncino, Rita Salvadori, fondatrice dell'azienda Peperita,  che prepara prodotti a base di ben 17 varietà di peperoncini, coltivati secondo i principi del biologico e del biodinamico, nei campi dell'azienda, in quel di Bibbona, Livorno. A due passi da casa mia!


Il Calendario del Cibo Italiano, nella giornata nazionale del peperoncino, il 3 settembre, ha avuto come ospite speciale, proprio la fondatrice dell'azienda Peperita, che, intervistata dalla nostra Annarita Rossi, ci ha raccontato cosa avviene nella sua azienda agricola, dal seme al prodotto!  
In seguito all'intervista è stato lanciato un contest in cui, alcuni blogger che fanno parte della comunità web del Calendario, sono stati invitati ad elaborare delle ricette utilizzando polveri, sali e creme di peperoncino, inviate  in un prezioso cofanetto dall'azienda


Conoscendo Rita da diversi anni e abitando abbastanza vicino,  ho proposto di andare a prendermi i prodotti da sola e ho approfittato dell'occasione per andare a trovarla e fare due chiacchiere in tranquillità. In attesa che arrivasse, ho girellato per i campi di peperoncini per fare un po' di foto e ho dato una mano a raccogliere (beh...giusto il tempo della foto :-) 


Non solo, Rita, a pranzo mi ha fatto una mini lezione di degustazione privata di tutte le sue 17 tipologie!!! E' un vulcano di donna, competente, carismatica, vivace ed entusiasta, non poteva scegliere prodotto migliore che la rappresentasse, è una vera Peperita!

Spero di aver captato i suoi insegnamenti, che ha elargito anche nel nostro gruppo di lavoro fb con video e interventi ai nostri quesiti.
Tornata a casa ho assaggiato e riassaggiato, fatto alcune prove e deciso cosa usare. 
Questa è la mia prima proposta, a cui ne seguirà un'altra naturalmente col pesce di Poverimabelliebuoni!


MOUSSE DI CACHI ALL'EROTICO CON  POLVERE DI LIQUIRIZIA e CROCCANTE DOLCE SALATO DI FARRO SOFFIATO




Ingredienti per 2 porzioni

per la mousse:

300 g di polpa, al netto della buccia,  di cachi molto maturi (quelli che si spappolano)
60 ml di panna fresca liquida
2 cucchiai di zucchero di canna
1 tuorlo grande
1 cucchiaino di polvere di Erotico n. 3 Peperita
1/2 cucchiaino di agar agar in polvere
una spruzzata di succo di limone
polvere di liquirizia di Calabria qb

per il croccante dolce salato di farro soffiato

3 cucchiaiate di farro integrale soffiato
3 cucchiai di zucchero di canna biondo
1 piccola noce di burro (un cucchiaino circa)

L'Erotico è un peperoncino di colore giallo intenso tendente all'arancione quando raggiunge la maturazione ottimale. Viene denominato "erotico" perché alla sua estremità si sviluppa un peduncolo che ricorda l'organo genitale maschile. Ha un gusto vegetale e agrumato con sfumature di cedro e arancia amara candita.
La sua piccantezza è delicata. Ho pensato di abbinarlo ad un dessert cremoso a base di frutta molto dolce come il caco per rinfrescare la crema con le sue note agrumate e vivacizzarla con la  sua garbata piccantezza,  che non aggredisce alla prima cucchiaiata e non impegna tutta la bocca ma si avverte in chiusura, a fine palato e va a sottolineare ed intensificare anche la sfumatura  dolce-acido- speziata della liquirizia che, a sua volta,  arrotonda il dolce del frutto e intensifica l'ampiezza gustativa dell'insieme, a cui contribuisce anche la croccantezza e il tocco dolce-amaricante e leggermente salato del croccante di farro.
Per un risultato meno sfaccettato, più concentrato sul gusto del caco in purezza e il leggero piccante, basta omettere la liquirizia e fare un croccante dal gusto meno pronunciato con uno zucchero semolato.

Frullare la polpa di cachi con la polvere di agar agar. Lavorare il tuorlo con lo zucchero, aggiungere la polpa di cachi  e una spruzzata di succo di limone. Far addensare a fuoco dolcissimo fino a 87° C, poi raffreddare velocemente ponendo il pentolino in una bacinella capiente  con acqua e ghiaccio, mescolando di tanto in tanto. Eventualmente  frullate un'ultima volta prima di aggiungere la panna. Montare la panna e incorporarla delicatamente alla mousse a temperatura ambiente; aggiungere a questo punto la polvere di peperoncino regolando secondo il proprio gusto.

Per il croccante: fate sciogliere a fuoco dolce  lo zucchero in un pentolino senza mescolare col cucchiaio ma  semplicemente facendo roteare il fondo del pentolino. Appena lo zucchero  inizia a sciogliersi, incorporare il burro, un pizzico di sale  e infine il farro, far caramellare fino a che lo zucchero inizia a schiumare. Togliere  dal fuoco, stendere su un piano antiaderente e una volta freddo e rappreso, spezzettarlo con le mani.

Servire la crema in scodelline da porzione, cospargere con polvere di liquirizia e qualche tocchetto di croccante di farro. Consiglio di portare in tavola ulteriore polvere di liquirizia e polvere di peperoncino in modo che ognuno possa aggiungerne a piacere.  Il buon senso naturalmente invita alla parsimonia, meglio poco alla volta, sempre, perché aggiungere si può, togliere no!!



mercoledì 18 ottobre 2017

CANNONCINI DI SFOGLIA 6 GUSTI PER L'MTCHALLENGE N 68


E pensare che dopo il tour de force dell’Mtc n. 67 come sfidante, avevo giurato che mi sarei riposata perché dovevo disintossicarmi!!! 
Le ultime parole famose……e anche mio marito non ci avrebbe scommesso mezzo euro!!
Allora gli spiego:  come si fa a resistere al richiamo dell’Mtc? Ha assaporato anche lui la bella atmosfera che c’è fra noi, è venuto alla presentazione di Crêpes is the new black a Firenze  a fine settembre (perché c'era la Van Pelt!!)  ha rivisto alcuni mtcini e ne  ha conosciute altre, inclusa  la bionda dea Kannolì, che però non si era ancora meritata l’appellativo con tanto di disegno di rito, frutto della spiritosa fantasia della sua omonima FrancescaCarloni.  Ma io quella sera già sapevo che sarebbe stata lei la vincitrice della sfida sulla pasta col pesce!



Ebbene la dea Kannolì ha proposto una sfida per me irresistibile: i cannoncini di pasta sfoglia, per l'Mtc n 68. Irresistibile perché anche senza leggere le regole e la richiesta di Francesca di legare i nostri cannoncini alle emozioni e dedicarli a qualcuno, all’annuncio della sfida,  mi era già scattato l’amarcord e le emozioni riaffioravano inarrestabili; avrei prodotto dunque, pensando a quel qualcuno. Pensando e ripensando, si sono aggiunti altri  destinatari e le dediche si sono moltiplicate nei limiti comunque imposti di tre coppie di cannoncini, due gusti diversi per ogni coppia.

_banner_sfidadelmeseCANNOLO_68


I cannoncini, rigorosamente a forma tubolare e con le due estremità aperte,   per me hanno il sapore di una festa speciale, la mia festa, il mio compleanno. Sono nata in un giorno sfigatissimo, il 26 dicembre, che è già festa e arriva dopo la festa di tutte le feste e normalmente tutti partono per le vacanze di fine anno e sono talmente satolli dalle abbondanti libagioni del Natale che non hanno più voglia di festeggiare. Ma fino ai 10-12 anni non era così bensì era un proseguimento della festa natalizia con l’adunata dei parenti, zii, cugini e amichetti quasi cugini, tutti a casa nostra. Un vero rito che iniziava la mattina, quando uscivamo dalla messa e andavamo dall’unico pasticcere del paese, il mitico Remo, a comperare la St Honoré e un vassoio pieno di pasticcini fra cui primeggiavano cannoncini e bigné. 
L’unico aspetto che mi guastava un po’ la festa era che dovevo dividerla con mia sorella più piccola, Stefania, che festeggiava l’onomastico e non mi andava giù che il suo onomastico fosse importante come il mio compleanno!! Sorella maggiore stronza vero? Se ci penso ora mi viene da ridere ma da piccoli siamo un po’ più pestiferi probabilmente..
Beh, tutti agghindati per la festa, mia sorella ed io per mano al mio bel papà, anche lui vestito a festa, tornavamo trionfanti con il nostro ricco bottino verso casa, dove ci aspettava la mamma che stava imbastendo il pranzo con i resti del Natale, per stare un po’ leggeri (...)  e per strafogarsi poi di paste e torte, a cui si aggiungevano anche i panettoni e i pandori,  nel pomeriggio, quando sarebbero arrivati tutti gli altri. La nostra casa, non grandissima, era invasa da quasi venti persone. Quanto si giocava noi bambini e quanto ci si litigava cannoncini e bigné, i più gettonati. Rigorosamente due gusti: crema pasticcera alla vaniglia e al cioccolato. Stop. Ma almeno la festeggiata n. 1, cioè la sottoscritta,  aveva la prelazione e il cannoncino alla crema vaniglia era assicurato!
I sapori delle feste di infanzia, indimenticabili e irripetibili. Fine dell'amarcord perché mi scende la lacrimuccia…

Ed ecco le mie proposte per l'Mtc n. 68 , la sfida sui cannoncini o cannoli di sfoglia, lanciata da Francesca Geloso del Blog 121 gradi:

In alto: cannoncini alla crema di liquirizia e zafferano, in basso da sinistra a destra : crema di semolino come una sfogliatella, apple curd o Melizia, curd al kiwi e mousse di cachi.
Ok! Ho esagerato e ho giocato tutte le carte possibili e ammesse, cioè 6 gusti in totale! Per ricordare la varietà del  vassoio di paste del mio compleanno.


Quindi se permettete, i primi cannoncini me li auto dedico, anche se non è il mio compleanno. Non potevano essere che alla crema pasticcera;  però, crescendo, ho allargato e diversificato  i miei orizzonti gustativi,  anche se non disdegno vaniglia e cioccolato ma tanto per variare un po’, vado di liquirizia e zafferano. Niente di trascendentale, solo due gusti che amo molto.


Gli altri cannoncini li dedico al mio papà, senza nulla togliere alla mamma, ma è con lui che s’andava dal Remo a prendere le paste,  e a mia sorella per farmi perdonare solo il pensiero di essere stata  così egoista da bambina a volere la festa tutta per me. Ora, invece col passare degli anni, quando ci penso, penso alla “nostra” festa perché, in fondo, eravamo sfigate entrambe!! (lei, inoltre, compie gli anni il 20 dicembre!).
Cachi e Kiwi perché sono i frutti graditi di autunno/inverno del  giardino di casa mia, quella padana, anche se questi li ho presi qui in Toscana, dove abito, al mercato da Occhi Belli (ma non c'è storia coi cachi di casa mia.....).  Cachi per il papà che è un golosone e gli piacciono le cose dolci dolci. Kiwi invece per la sister che se li mangia la mattina a colazione.


E in ultimo, ma non d’importanza…non poteva mancare l’occupante del lato sinistro del letto, per dirla con  Francesca!.E sì perché quando stavo raccontando  al marito  del nuovo Mtc, di cosa ho elaborato mentalmente e le dediche etc.....prima che finissi la frase, esclama “e io? Non conto nulla?”
“ma certo che ci sei, stupidone!!” 
Per lui, appassionato di torte di mele in tutte le sue possibili varianti, da quella più semplice e casalinga, alla tarte tatin, all’apple pie, allo strudel fino alla Melizia dell’Autogrill..un cannoncino con un apple curd di mia invenzione che ricorda ironicamente la Melizia  e un cannoncino  ispirato ad un altro dolce  che gli piace molto ma che ci divide, solo nella forma, non nella sostanza: la sfogliatella napoletana. Riccia per lui, frolla per me. Quindi tagliamo la testa al toro, la farcia della sfogliatella la mettiamo in un cannolo. E vissero tutti felici e contenti!

Vai con la sfoglia. Ho seguito passo passo le dettagliatissime istruzioni di Francesca descritte nel suo bellissimo post. Ho solo ridotto le dosi degli ingredienti a  2/3 delle quantità indicate. E poi ho utilizzato solo mezzo panetto per i cannoli, ottenendone 15. Mezzo panetto l'ho congelato, ci farò un millefoglie, mai fatto prima perché questa è la mia seconda sfoglia;  la prima, un po' diversa perché lievitata, è stata quella dei croissants. E anche questa volta come allora, sono stata felicissima di esserci riuscita!

Ingredienti 

Sfoglia:

235 g di burro (bavarese il mio)
100 g di farina 00

Pastello
235 g di farina 00
100 g di burro (bavarese il mio)
6 g di sale
6g di malto - facoltativo (io l'ho omesso)
34 g di acqua fredda
40 g di vino bianco freddo (io aceto di mele) 


Primo step:  ho preparato il panetto. Si può fare a mano su un piano, su una spianatoia o con l'aiuto della planetaria usando la foglia. Io l'ho fatto a mano, mi piace usare le mani per impastare.
Ho utilizzato il burro ancora freddo di frigorifero e l'ho amalgamato con la farina.
Il composto non va lavorato troppo a lungo, deve essere omogeneo ma il burro deve mantenere una discreta plasticità. Ho dato una forma rettangolare al panetto (fig. 1), l’ho avvolto nella pellicola e l’ho fatto riposare in frigorifero due o tre ore perché nel frattempo sono andata a farmi un bel bagno al mare!! (basterebbe un’ora e mezza come da istruzioni di Francesca ma stare al fresco male non gli fa).
Prima di andare al mare però ho preparato anche il pastello lavorando a mano sulla spianatoia la farina con il burro freddo di frigorifero a tocchetti, l’acqua e l’aceto freddi, in cui avevo sciolto il sale. Ho lavorato poco l’impasto, quanto basta a renderlo compatto ma ancora un poco grumoso, la pasta si liscerà nei successivi passaggi al matterello. Conferito la forma rettangolare anche al pastello, avvolto in pellicola e via in frigo anche lui insieme al panetto.
Tornata dal mare, ho steso il pastello nello spessore di 1 cm ca e ho appiattito il panetto, posto fra due fogli di carta da forno (fig. 2), prima con piccoli colpi con il matterello e infine steso rollando il matterello cercando di ottenere il lato lungo appena inferiore all’altezza del lato corto del rettangolo di pasta (capito tutto?) . Ho posizionato il panetto al centro della sfoglia di pastello (fig. 3) e richiuso i due lembi destro e sinistro verso il centro cercando di farli combaciare, non sormontare in una piega a 3 (fig. 4). Poi ho steso la sfoglia col matterello mantenendo il lato corto aperto verso di me, lato chiuso a destra, e procedendo in verticale con piccole aggiustature in orizzontale (la sfoglia si deve stendere sempre nello stesso senso). Infine l’ho ripiegata a 4 (fig. 5). Avvolta in pellicola e messa a riposare in frigorifero per circa un’ora perché sono andata a farmi una passeggiata..



Ma il bello inizia ora, ancora quattro round  di pieghe e stesure! Due volte a 3 e due volte a 4 ad intervalli di 30-40 minuti con riposo in frigo della pasta avvolta in pellicola. Ad ogni round mi segnavo sul foglio della ricetta a che step ero e l’orario. Qualcuno contrassegna direttamente la pasta con l'impronta della punta di  uno due tre quattro dita  a seconda del numero di round.

Nelle foto degli ultimi giri a 3 e a 4 si nota come la pasta si sia stesa dopo i vari passaggi.



Una volta eseguiti tutti i giri, la  sfoglia sarebbe pronta per essere cotta, deve fare solo un ultimo riposo in frigo di minimo un'ora ma anche tutta una notte, non può che giovare all'impasto.  Come suggerito da Francesca, l’ho fatta riposare tutta la notte, anche perchè li avrei voluti cuocere e fotografare di giorno e tra una piega e un bagno e una passeggiata avevo fatto l’ora di cena. 

La mattina successiva dunque ho tagliato in due il panetto e fotografato la sezione, come da regolamento,  per mostrare (più o meno) gli strati che si sono formati.



Una parte l’ho rimessa in frigo. Una parte l’ho stesa fino a 3 mm ca in un rettangolo lungo ca 28 cm e alto 23 da cui ho ricavato 15 strisce da 1,5 cm di larghezza per tutta la lunghezza e ho avvolto quindi 15 tubi (9 di metallo a cui ho rimpicciolito il diametro semplicemente con uno schiaccianoci) e 6 fatti da me con carta da forno e stagnola, di 1,8 cm di diametro e di lunghezza variabile, e ho ottenuto dei cannoncini  di 4-5 cm (si vede che qualcuno lo sormontavo di più, qualcuno di meno, non sono stata molto precisa). Li ho fatti riposare ancora 30 minuti in frigorifero, poi li ho spennellati con tuorlo sbattuto con un po’ di latte, spolverati di zucchero a velo e cotti in forno (nel mio forno) a 180° C per 18 minuti esatti (I know my oven ;-)  i 190-200° prescritti li avrebbero bruciati in 10 minuti!!)


Li ho sformati senza difficoltà. Qualcuno, soprattutto sui tubi di metallo, non era stato chiuso bene e in cottura si è aperto nelle estremità. Ho tagliato l’eccedenza e li ho pareggiati!! Pronti per le farce!


Ed ora le farce…che tour de force!! Mi pento di non aver diluito la preparazione nei due giorni. Il giorno in cui ho preparato la sfoglia ho preparato solo il semolino. Le altre cinque, tutte la stessa mattina in cui ho cotto anche i cannoncini. In cucina dalle h 8.30 alle h 12.00. Dopo pranzo, li ho riempiti, fotografati e assaggiati trionfante!! Un’altra ora abbondante!! Ma son soddisfazioni! E anche il consorte ringrazia. Per papà e sorella, ho il mezzo panetto in freezer, la prossima volta che torno al paesello glieli preparo come feci per i baci, sempre Mtc naturalmente :-) 

 
Dall'alto in basso: cachi, kiwi, apple curd, crema di semolino, pasticcera alla liquirizia e allo zafferano

Per i cannoncini di papà e sorella: mousse di cachi e curd di kiwi

Mousse di cachi:
180 g di polpa di cachi molto maturi, di quelli che si spappolano
60 ml di panna liquida fresca da montare
1 cucchiaio di zucchero a velo
½ cucchiaino di xantana in polvere

Ho frullato la polpa di cachi con la xantana e lo zucchero a velo. Ho montato la panna ben soda e l’ho incorporata delicatamente alla polpa di cachi con una spatola e con movimenti circolari dall’alto verso il basso. Ho messo in frigorifero a rassodare.

Curd di kiwi
150 g di polpa di kiwi
30 ml di succo di limone 
15 g di burro
1 tuorlo
1-2 cucchiai di zucchero semolato
½ cucchiaino di agar agar 

Ho frullato la polpa di kiwi con il limone e l’agar agar. Ho lavorato un poco il tuorlo con un cucchiaio di zucchero, ho incorporato la polpa di kiwi e ho cotto la crema a bagno maria fino a raggiungere 87° C. Poi l’ho raffreddata in una boule di acqua e ghiaccio fino a 50° C. Infine ho incorporato il burro ammorbidito fino a completo scioglimento, ho assaggiato e regolato di zucchero. Ho messo in frigorifero a rassodare

Per i cannoncini della festeggiata : crema pasticcera alla liquirizia e crema pasticcera allo zafferano

Per la crema pasticcera alla liquirizia:
125 ml di latte parzialmente scremato o intero
1 tuorlo
1 cucchiaio di farina
1 cucchiaio di zucchero semolato
1 cucchiaino di liquirizia in polvere 

Ho lavorato  il tuorlo con lo zucchero e la polvere di liquirizia, unito la farina e iniziato a diluire con il latte freddo. Ho messo sul  fuoco e fatto addensare a fiamma dolce. 


Per la crema pasticcera allo zafferano:
125 ml di latte parzialmente scremato o intero
4-5  pistilli di zafferano
1 tuorlo
1 cucchiaio di farina
1 cucchiaio di zucchero semolato

Ho lasciato a macerare i pistilli di zafferano nel latte tutta la notte in frigorifero. Poi ho filtrato ed eliminato i pistilli. Ho lavorato  il tuorlo con lo zucchero, unito la farina e iniziato a diluire con il latte freddo. Ho messo sul  fuoco e fatto addensare a fiamma dolce. 


Per i cannoncini dell’occupante il lato sinistro del letto: Apple curd e  Crema di semolino come una sfogliatella

Per l’apple curd
120 g di polpa di mele golden o renette, peso a crudo, al netto della buccia
50 ml di centrifugato fresco di mele golden o renette (o succo di mela senza zucchero)
15 g di burro
15 g di uvetta sultanina
1 tuorlo
1 cucchiaio di scorze di limone non trattato  + 1-2 cucchiai di succo di limone
1-2 cucchiai di zucchero semolato
½ cucchiaino di agar agar

Ho ammollato l’uvetta in acqua calda e infine strizzata. Ho cotto la polpa di mela al microonde per 3 minuti con una spruzzata di succo di limone, le scorze e un cucchiaio di zucchero. Ho tolto le scorze, le ho messe da parte e ho frullato la polpa cotta.
Ho lavorato un poco il tuorlo con un cucchiaino di zucchero e l’agar agar, ho incorporato la polpa di mele e il succo e ho cotto la crema a bagno maria fino a raggiungere 87° C. Poi l’ho raffreddata in una boule di acqua e ghiaccio fino a 50° C. Infine ho incorporato il burro ammorbidito e le scorze di limone messe da parte, ho assaggiato, era sufficientemente dolce, non ho aggiunto altro. Al limite, non sarebbe stata  male un pizzico di cannella (in ricordo anche dello strudel) ma era talmente buona al naturale che non l’ho voluta mettere. Anzi, ero titubante se mettere anche le uvette perché era buonissima da sola. Ma l’uomo della dedica ha voluto le uvette!!  Ho amalgamato anche le uvette e  messo in frigorifero a rassodare


Per la crema di semolino come una sfogliatella
250 g d’acqua
50 g di  semolino
50 g di ricotta vaccina freschissima
50 ml di panna liquida fresca da montare (mia aggiunta)
40-50 g di zucchero a velo
20 g di cedro candito
Scorza di limone grattugiata
1 cucchiaino di estratto di vaniglia 
1-2 cucchiaini di  cannella in polvere

Ho portato a bollore l’acqua, ho versato il semolino e fatto cuocere per 10 ‘. Infine l’ho addolcito con lo zucchero a velo e speziato con cannella e vaniglia. L’ho fatto raffreddare, ho unito il cedro a dadini piccolissimi,  ho amalgamato la ricotta e infine  la panna montata ben ferma. Ho messo in frigo a riposare.




giovedì 12 ottobre 2017

LA TURTA DA BIGIU O UN MICHELACC PARTICOLARE


Conosciuta anche come torta di pane o torta paesana, in Brianza e in tutto l'hinterland milanese è semplicemente la Turta Michelacc (si legge con l'accento sulla sillaba finale e con la doppia c di doccia), da mica cioè michetta, il pane tipico del milanese, e latte.
Le origini sono  paesane, contadine, povere. E' un dolce che nasce, come tanti altri eccellenti esempi di cui la gastronomia italica è ricca,  dal riciclo del pane avanzato ed è frutto del solito ingegno delle massaie di un tempo,  che si inventavano piatti gustosi e adatti a riempire gli stomaci, semplicemente con quello che c'era a disposizione e secondo la regola ferrea che "non si butta via niente" figuriamoci il pane!! 
Un vero sacrilegio buttare il pane, simbolo di cibo per antonomasia e a cui da sempre vengono associati  significati di sacralità.
Anche a casa mia, quella dove sono nata e cresciuta, in terra lombarda dunque, non dove abito ora, che è ben al di là del Po,   vigeva questa regola e il rispetto per il pane era sacro. Ricordo ancora l'unica volta, da bambina, e mi servì da lezione per sempre, in cui il mio papà si indignò e mi rimproverò  severamente perché mi vide buttar via alcuni resti di pane. Mi spiegò che ne aveva sofferto la fame in tempo di guerra e da quella esperienza, per lui il pane era diventato  sacro.


Boffalora S/Ticino - Foto dal web

E sempre a casa mia,  cioè a Boffalora S/Ticino, il Michelacc prendeva un nome speciale: Turta da Bigiu. Era stato ribattezzato scherzosamente da mia nonna Maria, la nonna paterna che ha sempre vissuto con noi (anche se a dirla tutta eravamo più noi che vivevamo con lei) in riferimento al vecchio vicino, soprannominato Bigiu,  che una volta gliela fece assaggiare ma la versione del vicino non l'aveva soddisfatta perché era troppo bagnata e quando affondò  la forchetta fece  pluff e riaffiorò il latte che  "la pareva una pulta" (sembrava una polentina, una pappetta). Mi  sembra di sentirla ancora quando la raccontava e come rideva divertita scherzando il povero Bigiu!

Bigiu era originario di Bernate Ticino,  un grazioso paesino appena un ponte più a nord del nostro; entrambi sorgono lungo il naviglio Grande, un canale artificiale risalente al XII secolo, navigabile fino alla darsena dei navigli a Milano e solcato dallo storico "Barchett de Bufalora" oltre che da moderne imbarcazioni per crociere sui navigli.

Il Barchett di Boffalora

Eccomi ritratta di recente, in  navigazione lungo il Naviglio sul barchett

Il Michelacc  si preparava e si prepara tutt'ora a Bernate in occasione della festa del paese che cade la seconda domenica di settembre e anche se tra Boffalora e Bernate c'è sempre stata una, seppur bonaria, guerra di campanile, la nonna lo preparava in quei giorni  o comunque durante l'autunno.

Bernate - foto dal web

Il dolce non ha una vera e propria ricetta e sicuramente si è arricchito nel tempo; di base si fa rinvenire il pane secco nel latte, poi si aggiungono principalmente uova, zucchero, cacao, uvette e frutta secca, amaretti o altri biscotti secchi o quello che volete buttarci, aromi inclusi. Il segreto della nonna erano le mentine!! Sì, i suoi "tirafià", delle grosse pastiglie di zucchero alla menta che lei nascondeva nel suo cassetto della biancheria e noi nipoti dispettose saccheggiavamo puntualmente!
Allora mi sembrava una cosa molto stramba, in tempi recenti invece l'ho riscoperto e l'ho riciclato già due volte qui sul blog, per i baci di cioccolato e gli ossi dei morti.
La consistenza della torta è un po' bagnata e densa, ricorda il castagnaccio ma ha uno spessore maggiore.

Ed ecco il mio Michelacc  o "Turta da Bigiu"  per la Giornata Nazionale della Torta di Pane, secondo il Calendario del Cibo Italiano


Ingredienti per una tortiera da cm 20-22 di diametro

400 g di pane raffermo (io ho usato il toscano)
700-800 ml di latte  parzialmente scremato (o come ho fatto io per caso 500 ml di latte + 100 g di ricotta vaccina)
80-100 g di amaretti secchi tritati
60 g di uvetta sultanina rinvenuta in acqua calda
60 g di mandorle (o pinoli)
4 cucchiai colmi di zucchero di canna
2 cucchiai di cacao amaro
2 uova
una decina di mentine o in alternativa 1 cucchiaio di menta essiccata
1 cucchiaio di all spice (o mix di cannella, noce moscata e chiodi di garofano)
scorza grattugiata di 1/2 limone non trattato

Portate ad ebollizione il latte con lo zucchero e due o tre scorze di limone. Togliete le scorze, versate  il latte sul pane tagliato a dadini e lasciatelo ammorbidire. Infine sfaldatelo con una forchetta o passatelo al mixer per un risultato più omogeneo. Fate intiepidire e amalgamate le uova leggermente sbattute e tutti gli altri ingredienti con la restante scorza di limone grattugiata. Io avevo poco latte e il pane toscano essendo molto consistente ha bisogno di più liquido, nell'emergenza ho pensato di utilizzare un rimasuglio di ricotta che avevo in frigorifero. La quantità di latte dipende molto dal tipo di pane utilizzato. Non esagerate altrimenti vi tocca lasciarlo in forno a lungo per non avere l'effetto "pluff".
Amalgamate bene tutti gli ingredienti, versate il composto in una tortiera imburrata e cuocete in forno a 180° C per 35-40 minuti.
Fate riposare un giorno prima di consumarlo, se resistete, perché sia la consistenza che il gusto ne beneficeranno e il palato ringrazierà! Cospargete con zucchero a velo.