martedì 20 novembre 2018

LA MIA CACIO E PEPE E BERGAMOTTO PER L'MTC S-COOL


Sbagliando si impara, non c'è dubbio. E con la cacio e pepe, è facile sbagliare, anzi facilissimo. E' una pasta apparentemente semplice ma molto insidiosa, con dei passaggi obbligati in cui se non si è precisi, non ci sono margini di recupero. Bisogna provare, provare e riprovare fino a che si acquisisce quella sensibilità e quel tempismo che ti fanno arrivare al giusto risultato.
Questa è la mia seconda prova e probabilmente non è ancora quella giusta ma non ho tempo per una terza e me la gioco così com'è, sperando nella sufficienza, per la nostra seconda lezione dell'Mtc S-cool ovvero LA COTTURA DELLA PASTA


Allora, ho letto e riletto tutti i trucchi e i segreti per la perfetta mantecatura della pasta nel post della nostra mitica Greta e mi sono guardata più volte il  bel video sulla pagina fb di Mtchallenge
Per la cacio e pepe, però, il vero problema per me è stato trovare un buon pecorino romano, cioè ben stagionato comme il faut. Temendo che fosse troppo giovane e facesse i fili, la prima volta ho esagerato col liquido e la pasta è rimasta bavosetta.


La seconda volta ho cambiato pecorino e mi sembra un pochino meglio a livello di cremosità ma aspetto il verdetto della maestra!!

Inoltre il mio twist, per esaltare la sapidità del pecorino era una grattugiata di lime. Nella seconda prova, il lime era finito, avevo il bergamotto, l'ho provato ed è stata una rivelazione. Ne basta poco però perchè ha un profumo molto intenso! Per quanto riguarda il pepe, ho usato un pepe meraviglioso, dal profumo molto intenso e piccante, il prezioso pepe nero Kampot, acquistato durante il nostro viaggio di agosto in Cambogia. Avrei voluto assecondare la nota agrumata anche con del Sechuan ma ho ritenuto che bastasse la scorza dell'agrume e lasciare più protagonista il pepe nero. 

Ingredienti per 2 persone:

180 g di spaghettoni di ottima qualità (io: spaghettoni di Gragnano Rummo n. 5)
60 g di Pecorino Romano DOP stagionato 12 mesi
Pepe nero in grani, pestato nel mortaio qb (il mio : pepe Kampot cambogiano)
+ twist personale: scorza grattugiata di bergamotto non trattato
sale grosso integrale, olio extravergine d'oliva fruttato, non troppo amaro, buon piccante

Attrezzatura:
1 pentola capiente per lessare la pasta
1 padella non antiaderente dai bordi stondati per mantecare la pasta (io in acciaio)
1 bastardella d'acciaio
1 pinza per alimenti
1 frusta
1 mestolo

Mezz'ora prima di cominciare a cucinare, tirare fuori dal frigo il Pecorino e grattugiarlo finemente: deve infatti essere a temperatura ambiente, per evitare che si raggrumi quando si prepara la crema.

Portare a bollore 2 l di acqua con 8 g di sale grosso (4 g per ogni l): il pecorino è infatti già molto salato, quindi la pasta deve essere lessata con poco sale.
Buttare gli spaghetti e attendere che si pieghino da soli affondando nell'acqua, senza costringerli, infine mescolarli un poco per non farli attaccare al fondo.



Mentre la pasta cuoce, preparare la crema di formaggio: versare il Pecorino nella bastardella e scioglierlo con l' acqua di cottura della pasta, versata poco per volta, mescolando con una frusta per evitare che si raggrumi. Aggiungere l'acqua poca per volta fino a ottenere una crema fluida, dalla consistenza simile a quella del miele liquido. Tenere la bastardella in caldo (io l'ho appoggiata su una pentola piena di acqua calda).



Mantecatura: tre minuti prima del tempo di cottura indicato sulla confezione, tirare fuori gli spaghetti con le pinze e metterli in padella insieme a un filo d'olio, al pepe pestato al momento nel mortaio (tenerne da parte un pizzicone per decorare i piatti) e ad acqua di cottura sufficiente a permettere di terminarne la cottura. La fiamma sotto la padella deve essere medio-alta e non va mai abbassata. Mantecare la pasta girando la padella in senso antiorario senza staccarla dal fornello (non deve perdere calore). Ruotare la pasta con le pinze, in questo modo l'acqua e l'olio si emulsioneranno, creando una cremina che avvolgerà  la pasta in modo uniforme.


Saltare la pasta fuori dal fuoco e lontano dal fornello caldo, aggiungere velocemente la crema di Pecorino e continuare a saltare la pasta velocemente inclinando la padella in avanti e imprimendole un movimento rotatorio del polso dal basso verso l'alto, facendo leva sul bordo.

Aggiungete il pizzicone di pepe tenuto da parte, una grattugiata di scorza di bergamotto (o limone/lime)  e servite immediatamente: la cacio e pepe non può attendere!



venerdì 9 novembre 2018

LA CUCINA DI ANTONELLO SARDI DALLA BOTTEGA DEL BUON CAFFE' ALLA BIENNALE ENOGASTRONOMICA DI FIRENZE


Il nome del ristorante può essere ingannevole e fuorviante per chi non abbia voglia di googlare e scoprire tutto on line. E oggi, difficilmente si inciampa in un posto nuovo, senza aver prima preso debite informazioni e letto critiche e recensioni. Si scopre dunque che non si tratta di  una vera "bottega del caffè", o meglio, lo è stata, poi si è evoluta, come capita anche per tante enoteche:  prima il vino, in questo caso invece il caffè, e poi un po' di cucina e da lì ad evolversi in  un ristorante è un attimo. 
La bottega del buon caffè, da torrefazione e bar,  si trasforma infatti dapprima  in "bistrot" e in seguito, esattamente nel 2014, viene acquistata e rigenerata da una coppia di imprenditori danesi,  Janette e Claus Thottrup, dallo spiccato gusto estetico in quanto provenienti dal mondo dell'architettura e dell' interior design, che ne hanno fatto uno dei salotti più eleganti ma caldi e confortevoli della città. Ma non è la loro opera prima, La bottega del buon caffè, di secondo nome fa Borgo Santo Pietro in the City, cioè la "succursale" cittadina  dell' incantevole Hotel Borgo Santo Pietro di Chiusdino, Siena, un casale del XIII secolo che la coppia ha restaurato  e trasformato in un resort di lusso, inserito nella prestigiosa catena Relais&Chateaux. Il Resort è contornato da un vasto giardino che conta ben tremila piante, è dotato di una Spa  e anche di una fattoria biologia da cui provengono molti prodotti elaborati nella cucina dell'elegante ristorante del Relais, Meo Modo, affidato allo chef stellato Andrea Mattei così come a La bottega del buon caffè o Borgo Santo Pietro in the city

L'evoluzione della Bottega si è completata quando per tenere le fila di una brigata di ben otto elementi è  stato incaricato uno chef puntiglioso, determinato e tenace come Antonello Sardi,  premiato,  proprio nel 2014, con una stella della rossa più ambita nel mondo della ristorazione, la Michelin!
Classe 1980, è fiorentino doc, o forse docg, e ci tiene molto. Di quelli schietti e fieri delle proprie origini che ai figlioli prima insegnano a mangiare il panino col lampredotto e poi schiudono loro le porte della cucina più creativa, per capirsi! Eppure in tutto il materiale on line che ho consultato per studiare un po' il personaggio e la sua cucina, tranne che nella presentazione sul sito del ristorante, difficilmente questo dato emerge. Strano, forse lo si dà per scontato?

Dovendo condurre il suo cooking show, meglio chiamato "table chef", alla Biennale Enogastronomica  di Firenze,  il prossimo 16 novembre, mi sembrava d'uopo prepararmi e conoscerlo di persona e soprattutto assaporare la sua brillante cucina, che avevo avuto occasione solo di ammirare grazie alle foto dei piatti e agli articoli di amici giornalisti e blogger. Quindi lo contatto e mi prenoto anche il pranzo. Le mie frequentazioni normalmente sono più modeste ma ogni tanto una coccola di lusso ci si può concedere e poi sono quelle scorribande culinarie in solitaria che mi piacciono tanto!!

Arrivo all'appuntamento preparata, mi ero stampata e studiata un po' di materiale sullo chef e il suo percorso professionale.
Il nostro Antonello non sognava di fare il cuoco da piccolo,  ha avuto la chiamata per la cucina tardi; ha iniziato per necessità, quando ha lasciato il nido di mamma e si è reso autosufficiente, lavorando in un'azienda di audiovisivi, dopo essersi diplomato al liceo linguistico. Cucinare lo divertiva e si è appassionato al punto tale da lasciare un lavoro comodo per infilarsi in una cucina anche come lavapiatti pur di imparare. Anni di gavetta e duro lavoro non hanno scoraggiato il futuro chef stellato, anzi, gli hanno fornito delle basi solide, sperimentate sul campo, che gli sono state utili per gli step successivi che l'hanno visto diventare, prima, capo partita del noto locale fiorentino Fuor d'acqua, famoso per l'ottima cucina di mare in città,  per poi approdare al Devero di Enrico Bartolini. Quest'ultimo gli affida la conduzione dell'Osteria Perillà in Toscana e il Sardi sente già odore di casa, dove torna entrando dalla porta principale della Bottega del Buon Caffè in cui aveva già lavorato prima dell'avvento dei nordici.

Fatte le dovute presentazioni, rotto il ghiaccio, scambiate due battute e trovatici d'accordo su come condurre table chef alla Biennale Enogastronomica, si fa l'ora di pranzo e dal Lounge mi fanno accomodare nella bella sala del ristorante, attraverso il passaggio di servizio perchè fuori piove, cosa che mi diverte molto perchè approdo nel cuore della cucina dove creo non poca sorpresa.



L'ambiente è arredato con uno stile chic sobrio, caldo ed accogliente, è un invitante salotto con un tripudio di poltrone, divani e morbidi cuscini dai toni caldi. Scelgo uno strategico tavolo accanto alla vetrata così avrò una bella luce per le foto e mi godo lo spettacolo della cucina a vista. In un primo momento Antonello mi comunica che mi avrebbe affidata al suo staff perchè lui doveva fare la pasta! Quasi quasi ci rimango male "ma come? Mi abbandoni subito?" - sono sicuramente in buone mani ma non vedevo l'ora di immortalarlo all'opera però capisco le esigenze lavorative. "Va bene, una foto mentre impiatto e poi vado" e invece rimane fino al mitico piccione, poi al dessert ci pensera il valido pastry chef Giovanni di Giorgio. E io sono felice.

Apparecchio il mio bel tavolo panoramico con taccuino, cellulare e reflex, ma...noblesse oblige, mi viene offerto uno sgabellino, non solo per la borsa, anche per appoggiare tutti i miei arnesi, reflex compresa!
Le attenzioni di un ristorante di grande classe..il servizio è professionale e compito ma non eccessivamente ingessato e io mi godo tutte le attenzioni dei camerieri e annoto, fotografo, mi avvicino al pass per curiosare ed immortalare lo chef chino e concentratissimo mentre prepara i piatti con una precisione maniacale e una gestualità che denotano grande sicurezza.


E via si parte con la degustazione. Definisco solo il numero delle portate e poi mi affido a lui che mi fa assaggiare alcuni suoi cavalli di battaglia come il finto pomodoro, la crème brûlée di foie gras, le sue adorate paste ripiene e il nobile pennuto, il piccione,  di cui vado matta.

Avevamo appena disquisito sull'importanza del benvenuto o entrée, amuse bouche, stuzzichino, che dir si voglia. Qui lo chef si sbizzarrisce, scopre subito le sue carte, gioca con gli ingredienti e con le tecniche, indugiando anche verso il molecolare, cosa che evita nei piatti della carta. E' il suo biglietto da visita, è l'apri pista, deve incuriosire (non stupire a tutti i costi) e predisporre al seguito. Direi che l'obiettivo è stato centrato. Io sono moooooolto incuriosita e ben predisposta a continuare!!


Sul "sasso": una delicata mousse di carote all'anice stellato, ammantata di semi di sesamo e arricchita da mandorle e nocciole. Il finto pomodoro mi spiazza, l'avevo visto in foto ma non avevo letto come fosse composto, mi aspettavo una sferificazione di pomodoro, invece è una pallina di paté d'anatra ricoperto con una glassa all'acqua di pomodoro. Il picciolo è un vero picciolo! Il pomodorino poggia su una crema di cannellini con altri fagioli, gli zolfini e i dall'occhio, interi, al naturale e croccanti. in un gioco davvero divertente.
Nella scodellina una soffice spuma di patate profumata alla vaniglia, con scaglie di patate viola, tartufo e sale maldon. Oh yeah..


Il fragrante pane con farina di segale e cereali è fatto in casa, così come i grissini tirati a mano, e viene servito nei bei piatti artigianali con il logo del locale, accompagnato da un ottimo olio extravergine d'oliva monocultivar leccino toscano. Impossibile resitere a "pucciare" il pane nell'olio!


L'antipasto è di gran classe ed offre un  perfetto esercizio di stile: golosa crème brûlée di foie gras,  scioglievole e croccante insieme, pan brioche, sorbetto di cipolle rosse, crumble di fave di cacao e sfera rinfrescante di pera caramellata.


A seguire, lo chef mi propone due assaggi di pasta ripiena, la sua passione. Assisto incollata al pass alla preparazione di queste fantastiche "creste di gallo", ovvero dei tortelli di pasta fresca, ricchissima di tuorli (si vede dal colore!) a forma di cresta di gallo appunto, ripieni di cipolle quasi caramellate per via della cottura prolungata per ben quattro ore, come mi spiega il mio solerte e paziente cameriere, a cui spesso chiedo di ripetermi la sfilza di ingredienti perchè devo prendere appunti.


Le creste di gallo sintetizzano e confermano l'intento principale della cucina di Antonello Sardi, ovvero la riconoscibilità e l'esaltazione della materia prima protagonista del piatto, passando con disinvoltura dal foie gras alla cipolla. E la cipolla, protagonista del ripieno, è la regina di questo piatto complesso eppure perfettamente armonico, dove tutti gli altri ingredienti svolgono il ruolo di ancelle danzanti  tutt'intorno, offrendo il loro prezioso supporto e complemento: la crema di formaggio fiorito e quella di vin santo, le gocce di aceto balsamico di Borgo Santo Pietro, la polvere di caldarroste e il tocco da maestro che rinfresca l'insieme, la grattatina finale di lime. E io ne annuso rapita gli effluvi e mi godo il capolavoro pop (Oldani docet) da bis e tris!

Casualmente, abbiamo creato un abbinamento perfetto tra le creste di gallo alle cipolle e il Donna Olimpia Doc Bolgheri bianco 2016 , elegante, fresco, minerale e sapido.


I cappelletti di piccione con burro fuso di Normandia e timo.  Farcia ricca e concentrata, salsa vellutata e voluttuosa. Da ola. Punto.
E mi mostra pure come si fanno, a fine pranzo, nel laboratorio magazzino, dismessa la giacca d'ordinanza, in felpa ma con la stessa concentrazione e cura maniacale e rigore prussiano che mostra dalla finestra della cucina. Lui, chef stellato, che farcisce e chiude centinaia di cappelletti e gli piace un mondo!



Sembrano ditali da sarta, vero? 


Gran finale con il piccione presentato in tre parti, consistenze e sapori: il petto cotto magistralmente al sangue è disteso su una morbida crema di anacardi ed è cosparso da granella croccante degli stessi anacardi, la coscetta laccata al porto poggia su un cannolo verticale di spinaci rinfrescanti e piacevolmente "crunchy", completa il trio  una pralina di paté del suo fegato avvolta in granella di nocciole e contornata da un crumble di ritagli delle alucce.  Piatto da stella Michelin, appunto!

Bagnato egregiamente da un ottimo sangiovese toscano dalle raffinate note balsamiche: Anfiteatro, Igt 2013, Vecchie Terre di Montefili 


E poi si chiude in dolcezza naturalmente. Innanzitutto con un piccolo pre-dessert fresco e leggero a base di pere in  mousse, gel e torta


seguito dal dessert vero e proprio : un gioiellino di cheesecake ai frutti rossi, scomposto in pon pon di crema di formaggio, gel di frutti rossi, yogurt, sablé al cacao e vaniglia, ma che si ricompone velocemente raccogliendo tutto quanto con una bella cucchiaiata, inclusi i complementi rinfrescanti  come  il sorbetto e le gocce di mango e infine il tocco speciale del cocco rapé


Ma non è ancora finita, col caffè non vuoi farti due praline? anzi tre! una sfera all'aloe vera,  una pralina di cioccolato bianco alle nocciole con cuore di gianduia e un tartufino al tiramisù, quest'ultimo il mio preferito, pur non essendo fanatica del tiramisù.


Ironia della sorte, alla Bottega del buon caffè,  non ho immortalato il caffè!! Bisogna che ci torni...che dite? La prossima volta, tutto pesce, chef! Grazie della memorabile esperienza!!

Per chi volesse un assaggio della cucina di Antonello Sardi, l'appuntamento imperdibile è il secondo table chef della giornata di esordio della Biennale Enogastronomicavenerdì 16 novembre alle h 21 nell'Aula Magna del Padiglione Fureria di Fortezza Da Basso.

Il primo in programma sarà invece alle h 18 con il carismatico chef pescatore e cacciatore Luciano Zazzeri de La Pineta di Bibbona, amico di lunga data che avrò il piacere e l'onore di presentare in un cooking show per la prima volta!!

Nei giorni successivi altri grandi nomi della cucina italiana sfileranno alla Biennale come Roy Caceres, Peter Brunel, Gaetano Trovato, Andrea Mattei...

Info programma e prenotazioni : http://www.biennaleenogastronomica.it/table-chef/


giovedì 1 novembre 2018

CROSTATA ALL'OLIO CON CURD AL BERGAMOTTO


E chissenefrega se fuori è tutto grigio, piove e fa freddo! In casa c'è questa torta dorata con le stelline, perfetta con un bel tè caldo!! Ma insomma, siamo in stagione, prima ci si lamentava che era troppo caldo, poi il buon Dio ci ha puniti perché ci lamentiamo troppo e ha scatenato una buriana devastante, ecco!! E' il primo novembre, è il tempo di Ognissanti e dei Defunti, un po' di freschino ci sta e la natura ha bisogno d'acqua (non di acquazzoni però..). Ricordo che da piccola, per i "Morti" si tirava fuori il cappotto e mio padre ha sempre mantenuto la tradizione anche quando capitavano dei primi di novembre tiepidi e mia sorella ed io  lo prendevamo in giro e ridevamo come matte!!

Amarcord e considerazioni sul meteo a parte, andiamo alla ricetta. Mi è venuta voglia di fare una crostata all'olio ispirata dall'arrivo dell'olio novo.  Questa però è fatta con l'olio dell'anno passato, quello nuovo è troppo forte e piccante. Parlo di quello toscano in particolare, ovviamente, ma ovunque l'olio extravergine d'oliva appena franto è più intenso, poi si addomestica col passare dei mesi.
Il curd al bergamotto è stato un po' alleggerito: anzichè solo uova, ho utilizzato meno uova delle dosi classiche del lemon curd e mi sono aiutata con  un addensante. Anche per la mantecatura finale si può utilizzare l'olio. Inoltre si può preparare con qualsiasi altro agrume, dosando lo zucchero a seconda dell'agro o dell'amaro. Ho optato per il bergamotto anzichè il solito limone perchè sono appena apparsi in commercio  i bergamotti e mi divertono molto in cucina sia nel salato, soprattutto col pesce, che nel dolce. Vedi TRE CRUDI E UN BERGAMOTTO  SCALOPPINE DI PESCE SPADA IN AGRODOLCE AL BERGAMOTTO e LA PERLA DI CALABRIA  e LA TORTA AL PROFUMO DI BERGAMOTTO DI ILARIA



Dosi per una teglia da 25-28 cm di diametro

Frolla all'olio
300 g di farina
90 g di zucchero semolato
120 ml d'olio extravergine d'oliva dal gusto fruttato delicato
1 uovo intero + 1 tuorlo
un pizzico di sale
scorza grattugiata di 1 limone(o bergamotto)  e un po' di succo

Curd al bergamotto
240 ml di succo di bergamotto di Calabria (o limone/arancia/mandarino/pompelmo...)
270-300 g di zucchero semolato (da dosare in base all'agrume utilizzato)
2 tuorli + 1 uovo intero
scorza grattugiata di 1 bergamotto (o limone/arancia/mandarino/pompelmo...)
3 g di agar agar o pectina di mele
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva o una generosa noce di burro

Mettere l'olio, lo zucchero e le uova in una terrina, sbattere bene con una frusta, si formerà una sorta di maionese. Aggiungere la scorza grattugiata di un limone, il pizzico di sale, un cucchiaio di succo di limone e infine  la farina, versata a pioggia attraverso un setaccio, incorporare mescolando vigorosamente con un cucchiaio. Quando l'impasto inizia ad essere consistente, trasferirlo su una spianatoia, finire di lavorarlo e formare una palla. Coprire con pellicola e mettere in frigorifero almeno un'ora, meglio se due o tre.

Passato il tempo di riposo, riprendere la pasta, lavorarla un poco, stenderla al matterello fra due fogli di carta da forno. Creare un disco appena più grande del diametro della teglia. Imburrare o oliare e infarinare la teglia, disporre il disco di pasta dentro la teglia aiutandosi con il foglio di carta da forno. Ritagliare i bordi in eccesso che si posso re-impastare e stendere per ottenere le stelline con un coppa biscotti (o altre forme o le classiche strisce). Ripiegare i bordi con i rebbi di una forchetta, schiacciando un poco. Bucherellare la pasta qua e là. Coprire con carta da forno e pesi da pasticceria o fagioli secchi/riso. Disporre le stelline su una piccola teglia. Cuocere in forno a 170-180° per 10' le stelline, 15' la torta, togliere la carta da forno e i pesi, togliere le stelline dal forno e completare la cottura del guscio di frolla per altri 5 minuti. Non deve cuocere molto, deve dorare appena.

Per il curd: mescolare le uova con lo zucchero e l'agar agar, diluire con il succo di bergamotto, unire la scorza grattugiata. Cuocere a bagno maria o direttamente sul fuoco a fiamma bassa fino a che inizierà a rapprendere. Filtrare attraverso un colino cinese e far raffreddare velocemente per qualche minuto  in una boule con ghiaccio, mantecare con l'olio o il burro e versarlo nel guscio di frolla quando è intiepidito ma ancora fluido. Far rapprendere e infine decorare con le stelline o altre forme di pasta.