Il giovane chef Nicola Micheletti, 33 anni, firma dal novembre del 2018 il menu del ristorante della Locanda Sant'Agata, un bel casolare di campagna situato a San Giuliano Terme, a pochi chilometri da Pisa e da Lucca, trasformato in elegante country hotel con nove camere e suites dalla famiglia Micheletti nel 2010.
Ma i Micheletti vantano una lunga tradizione ed esperienza nella ristorazione e nell'ospitalità di qualità. Nicola cresce e si forma infatti nel ristorante di famiglia Il Vecchio Dado, a Pisa, dove, dopo gli studi di ragioneria, decide di affiancare il babbo chef e patron Luca che gli trasmette la passione per la cucina basata sulla valorizzazione dei prodotti del territorio.
Alla Locanda Sant'Agata l'attenzione verso l'ospite e la qualità a tavola sono i punti fermi che mantengono la tradizione famigliare a cui si aggiungono le novità apportate nel menu dal giovane chef, che coniuga gli insegnamenti di babbo Luca, che gli ha passato il testimone, e le tecniche moderne acquisite in successivi corsi di cucina con la propria sensibilità e voglia di sperimentare. In sala è riunita tutta la famiglia: mamma Anna all'accoglienza, la sorella Elisa ai cocktail e la moglie Silvia a curare la selezione vini. L'atmosfera è piacevolmente rilassata, con la bella stagione si cena all'aperto, circondati dal verde, nel bel giardino, arredato con elegante semplicità.
Ho avuto il piacere di assaporare tutto questo qualche sera fa quando sono stata a cena con mio marito al fresco del giardino della bella locanda, su segnalazione dell'amico Claudio Mollo che in fatto di ristoranti è una garanzia!!
Ci siamo affidati alle scelte dello chef per un menu degustazione terra-mare ben calibrato con piatti interessanti, gustosi ma leggeri, ben curati e ben presentati. Il menu è vario ed articolato, con proposte stuzzicanti in cui si gioca con i contrasti tra gli elementi ma senza estremismi o inutili eccentricità, con un gusto ben radicato nel territorio pisano e toscano e mano leggera. Anche la carta dei vini offre etichette mai banali con predilezione per piccole aziende che condividano la visione artigianale e famigliare della Locanda.
Se il buongiorno si vede dal mattino, il benvenuto al tavolo è un buon biglietto da visita per un ristorante. Si comincia quindi molto bene con tre stuzzichini : una golosissima zeppolina fritta di gamberi di fascina con maionese al pepe lungo, una succosa boule di pappa al pomodoro con una grattugiata di zenzero fresco e del burro montato di bufala di San Miniato alla camomilla da dipendenza, da spalmare sull'ottimo pane!! Gradevole e non banale il prosecco brut che accompagnava il benvenuto che però mi sono dimenticata di immortalare
Il primo antipasto rivela una bella mano decisa e una sensibilità per l'equilibrio e l'armonia dei sapori, nonostante la composizione non fosse semplice: baccalà in dolce cottura, mostarda di pere dell'aretino alla vaniglia, cipollotti caramellati e ciccioli di steccato della Garfagnana. Un bel gioco di elementi dolci-sapidi-piccanti che si rincorrono e si fondono per la felicità del palato.
Scioglievole, delicata e profumata, grazie all' affumicatura al legno d'olivo, la battuta di Chianina del Giusti, pralinata con erbette e pane croccante, servita su una soffice crema di pecorino di San Rossore e completata da scaglie di tartufo nero. Gusti puri e netti, che non ammettono compromessi se la materia prima non è di prima qualità e in questo piatto c'era tutta!!
Il vino che ci propone Silvia si abbina bene ad entrambi gli antipasti : Weissburgunder Doc Alto Adige 2016 della Cantina di Merano, fresco, di buon corpo e minerale
Il risotto Acquerello al limone, aglio nero, gambero rosso crudo e riduzione di lampone è un vero gioiellino dal gusto estivo, fresco, profumato ed equilibrato e di piacevole croccantezza che mi fa tradire le mie origini padane che vogliono il chicco più cotto. Per questo faccio volentieri un'eccezione. Da ola! E si continua con il Weissburgunder.
Si passa ad un rosso della lucchesia di una nota cantina, la Tenuta Buonamico con l'Etichetta blu, Montecarlo Doc rosso 2016 per i tortelli ripieni di patate, con straccetti di lesso di mucco pisano e olio al basilico su crema di sedano rapa leggermente affumicata. Piatto complesso e raffinato che rievoca e reinterpreta con eleganza sapori contadini rustici come il lesso con la salsa verde e la pasta e patate dove il tortello traduce la rusticità della pasta nel morso al dente, in piacevole contrasto con il ripieno fondente e morbido della patata. Il tocco gentile e fresco del sedano rapa sottolineato da una leggera affumicatura chiude il cerchio.
Nel "barbecue di pesce" Nicola ci delizia con una composizione articolata di pesce bianco, crostacei e molluschi che restituisce nella salsa di accompagnamento il sentore della griglia senza la cottura alla griglia: trancio di ombrina, spiedino di spannocchio e calamaro, vongole veraci e asparagi. Intenso e nel contempo delicato. Particolarmente felice il connubio vongole e asparagi.
Per questo piatto complesso, Silvia sfodera un vino che mi emoziona perché lo assaggiai alla sua prima uscita e ne conosco l'autore: Paolo Gigli della Cantina Sant'Agnese di Piombino. L'Etrange vendemmia 2015, vermentino macerato e passato in anfora, conferma i bei ricordi che ne conservavo: di bella stoffa ma asciutto, aromatico, minerale e piacevolmente persistente in bocca
E infine, come tradizione vuole, chiudiamo in dolcezza con un tronchetto di gelato al pistacchio coperto di cioccolato, servito con crema inglese alla vaniglia e frutti rossi. Classica e irrinunciabile bontà dall' esecuzione impeccabile!
Come dice il saggio: tutto è bene ciò che finisce bene, ma io aggiungo: è importante anche cominciare bene e Nicola ha cominciato proprio bene, è già su una buona strada, concentrato e coerente con un'idea di cucina contemporanea che si muove cautamente tra la ricerca e la sperimentazione ma sempre con un occhio rivolto alla propria terra e ai piatti della tradizione.
Avanti così!! E grazie per la bella esperienza
Ho guardato e riguardato questa cena e mi sembra ancora più invitante e inventiva di quella di Castelfalfi.
RispondiEliminaCerto il posto non ha la stessa ariosa leggerezza, ma vino e cibo sono splendidi e tu li racconti benissimo. Farei il bis di tutto.
Il burro alla camomilla non mi era mai venuto in mente, però faccio quello alla lavanda che adoro, specie sul pane di segale e sì che il burro di solito lo tengo nel congelatore per quanto poco ne uso; questo dev'essere più discreto e dolce ma non banale, insomma credo che valga quasi la cena. E poi dispone dall'amuse bouche a piatti più sottili e strutturati insieme. Chissà come sarebbe sul pane di farro.
Auguri alla Locanda!
P.S.: e finalmente si gusta anche il dessert!!! Che mi piace moltissimo, vivrei di gelati e questo ne ha uno dentro nell'altro addirittura e poi ha la crema...